di Cesare Zapperi
Ora che l’inchiesta sul calcio-scommesse di Cremona sta entrando nel vivo, con il coinvolgimento di società di serie A e nomi di grido come quelli di Totti e Vieri, si può cogliere meglio quanto sia stata spropositata e fuori luogo la reazione di quanti a Bergamo si sono messi a strillare dopo aver visto sulle prime pagine dei quotidiani e nei titoli principali dei telegiornali i colori nerazzurri e la faccia disperata di Cristiano Doni.
Con scarso sprezzo del ridicolo, si è parlato di gogna, di linciaggio, di massacro mediatico. E per reagire si è lanciata la “Marcia dell’orgoglio atalantino”, in programma giovedì sera con partenza dalla Malpensata e arrivo in piazza Matteotti.
L’occasione era troppo ghiotta perché non si accodassero politicanti e demagoghi in servizio permanente effettivo. In prima linea, guarda un po’, il solito Daniele Belotti che, evidentemente, non ha imparato nulla dell’amara vicenda degli scontro di Alzano Lombardo di un anno fa. Cavalca le manifestazioni di piazza con l’eleganza dell’elefante in cristalleria. Ogni occasione è buona per, direbbe lui, “fa’ casòt”. Senza rendersi conto che spesso si tratta di boomerang, di trovate che offrono il destro ad altre polemiche e ad altri pericoli.
Ben più stupefacente l’adesione alla marcia contro la gogna mediatica di tre esponenti di spicco del Partito democratico come Maurizio Martina, Gabriele Riva e Matteo Rossi. In un attimo hanno calpestato i propri valori di riferimento, accodandosi al provincialismo e al populismo che hanno sempre detto di rifuggere. Vederli ridotti a brutte copie di Belotti mette tristezza.
Nessuna sorpresa, invece, per la partecipazione del segretario regionale della Cisl Gigi Petteni, un altro che quando si tratta di aprire il baule della demagogia non ritrae certo la mano. Ha detto che l’Atalanta rischia di fare la fine dei cetrioli, ingiustamente accusati di essere all’origine di una pericolosa epidemia. Forse, visto quel che sta emergendo da Cremona, dai cetrioli dovrà davvero guardarsi, specie alle spalle. Perché tanto vittimismo potrebbe rivelarsi infondato.
Tutti i bergamaschi, che siano innocentisti o colpevolisti, guardano con preoccupazione agli sviluppi dell’inchiesta. Un’eventuale condanna di Doni, e di conseguenza dell’Atalanta, segnerebbe una brutta pagina, non solo sul piano sportivo. Ma di fronte ad un’inchiesta non si reagisce gridando al complotto o disegnando scenari dietrologici che hanno la consistenza della panna montata.
Proprio la società nerazzurra, diversamente da molti suoi tifosi e da certa stampa servile che nasconde le notizie per compiacere il padrone, è quella che ha mantenuto finora il comportamento più serio e responsabile. Ha nominato tre principi del foro, a riprova che l’inchiesta non è un’opera da tre soldi, e si è messa a disposizione della giustizia ordinaria e sportiva per chiarire tutto quello che c’è da chiarire.
I bergamaschi devono prendere esempio dall’Atalanta e, per non fare di ogni erba un fascio, dallo stile sobrio e misurato tenuto finora dal sindaco Franco Tentorio. Le prossime settimane, comunque vada a finire, saranno cariche di tensione. Conosceremo, forse, la verità su quanto è emerso ad oggi e magari salterà fuori qualcosa d’altro. Lasciamo perdere la piazza e gli atteggiamenti vittimistici. Affidiamoci ai giudici e agli avvocati, auguriamoci che ciascuno faccia al meglio il proprio lavoro. A verdetti emessi si potrà dire, e fare, tutto ciò che si riterrà giusto e doveroso. Adesso, però, facciamo un po’ di silenzio. Invitiamo i politici ad occuparsi dei problemi veri del territorio e del Paese. E ricordiamoci che, comunque, nessuna scommessa e nessuna partita aggiustata, potranno mai ledere l’onore di una società ultracentenaria e di una città ricca di tante virtù.