Da ormai tre anni, in concomitanza con l’arrivo delle temperature più miti, ne vediamo comparire logo e colori; incuriositi abbiamo chiesto aiuto alla rete in cerca di maggiori informazioni: digitando Unibergamorete in google veniamo reindirizzati direttamente ad un sito internet con le stesse tonalità che compaiono in diversi punti della città. A colpirci è la dicitura che campeggia all’ingresso del sito: University Social Network.
Per saperne di più, abbiamo incontrato Piera Molinelli, Prorettore delegato all’Orientamento universitario dell’Ateneo di Bergamo.
Cos’è UniBergamoRete?
“Una sorta di contenitore virtuale che completa la mission aziendale in cui già dalla prima idea, come dice il nome, si è voluto mettere in evidenza la relazione, la rete tra Università e territorio; non è un contenitore solo interno o solo esterno: serve a far capire all’Università la ricchezza di relazione con il territorio. Non crea la rete, la fa emergere: è una vetrina per le relazioni da cui ne nascono di nuove cui diamo una spinta”.
Come funziona?
“C’è un seminario di apertura che cambia ogni anno; in questa edizione abbiamo optato per l’unione di due temi delicati come giovani e lavoro, che rappresentano le posizioni dell’Ateneo circa un grande tema attuale.
Accanto affianchiamo appuntamenti ricorrenti come i Career Day, l’Open Day e l’Openday del CUS.
In termini pratici già nel mese di novembre inviamo inviti e informative suddivisi per categorie: non siamo una società di organizzazione di eventi ma un motore culturale sempre presente. Posso aggiungere una cosa?”
Prego…
“A parte alcune spese generali, gli altri costi sono sostenuti da chi partecipa. Non ci sono compensi. Ci siamo imposti questa regola etica ed una forte autocritica circa l’uso del denaro pubblico. E’ una nostra priorità: altrimenti non porteremmo il massimo rispetto allo Stato e agli studenti.
I punti di forza di UniBergamoRete?
Ne cito tre: grande voglia, grande staff e forte disponibilità del territorio. I colleghi e chi collabora in questi anni ha dimostrato una grande voglia di esserci e di mettersi in gioco. La ricchezza del territorio, intesa come ricettività, disponibilità e contatti è ormai una certezza: si pensi alla collaborazione con la Fiera dei Librai ad esempio.
Il target qual è?
“La natura dell’Università impone di avere temi per specialisti uniti ad altri maggiormente alla portata di tutti”
La soddisfazione più bella da quando è partito questo progetto?
Confesso di avere un mix di soddisfazione e malinconia: quest’anno ho partecipato meno causa altri impegni lavorativi, eppure il report fin qui ricevuto è stato ottimo. Ho il rammarico di non aver potuto vedere questa creatura che ormai cammina da sola. Siamo ormai una tradizione di Bergamo nel mese di aprile, basti pensare che siamo partiti spalmandoci su 2 settimane e ora siamo a 4. I messaggio, la gente, l’ha fatti proprio”.
Quale messaggio?
“Che oggi non ha più senso fare le cose da soli: entro a Bergamo aggregandomi a qualcuno che fa già qualcosa. E’ la filosofia della rete, un’idea smart”.
Ci da qualche numero di UniBergamoRete?
27 giorni con 74 eventi in 19 sedi differenti, 166 persone dell’Università coinvolte e 93 esterne, 6207 partecipanti con oltre 4500 visite al nostro sito internet. Non dimentichiamo, poi i 630 contatti sviluppati allo stand presente alla Fiera dei Librai.
Restiamo sul tema giovani e lavoro: ha qualcosa di sottolineare?
“Si, che l’attività di placement è poco conosciuta: noi alla Laurea consegniamo un foglio di congratulazioni in cui sono spiegati i servizi post – laurea (stage, tirocini, sia in Italia che all’estero) spesso anche legati alla Provincia. Esiste un grosso gap conoscitivo tra chi ha il tirocinio obbligatorio nel piano di studi ed è dunque “obbligato” a conoscerci e chi invece vive l’Università come una scuola: molti studenti rimangono dunque ancorati ai loro contatti e non vivono pienamente tutte le possibilità offerte.
Non è un caso che i giudizi migliori vengano da chi viene da lontano (studenti fuori sede o Erasmus). Lo studente spesso non si informa bene su dove è.
Se penso al basso sfruttamento con cui vengono usate le biblioteche universitarie dico: è una bestialità!”.
Si fa un gran parlare della disoccupazione giovanile. Da dove nasce?
“Diciamo le cose come stanno: con il prolungamento di chi già lavora si è venuto a creare un tappo. La crisi incide solo in minima parte: i giovani sono più flessibili e spesso più preparati di una persona più matura.
Per questo noi ci siamo imposti di ragionare sul lungo periodo: cerchiamo di insegnare ai ragazzi qualcosa che sarà spendibile tra 3/5 anni, non tra 6 mesi; questo per dire che le istituzioni non devono sempre appiattirsi sulle esigenze immediate degli attori del lavoro!
Chiudiamo con i progetti per il 2014..
E’ finito il primo ciclo programmato di tre anni e ora progettiamo un biennio con le stesse basi. Per il futuro il primo passo è ascoltare i feedback di tutti i partecipanti. La mia speranza è quella di sollecitare una maggiore partecipazione attiva degli studenti: l’anno prossimo vorrei fossero loro a costruire e preparare.