DOMENICA VI ANNO B
Dal Vangelo secondo Marco, 1,40-45
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
Commento
La guarigione del lebbroso è la prima di cinque dispute tra Gesù e i farisei che hanno per argomento il valore della Legge. Alla fine di questo aspro scontro gli avversari giungono alla conclusione della necessità di far morire Gesù per salvare l’Ebraismo, fondato sulla Legge (Marco, 3,6). Che cose’era la Legge per gli Ebrei del tempo? Essa era costituita innanzitutto dai dieci comandamenti, o Dieci Parole, da cui venivano ricavate molteplici applicazioni ritenute necessarie per assicurarne l’osservanza. L’insieme du queste osservanze costituiva la Legge. Pensiamo al precetto del sabato, che rientrava nel III comandamento; il divieto del lavoro era circondato da tanti divieti da rendere impossibile anche il fare del bene, come operare guarigioni. Questa rigida interpretazione determina uno scontro mortale tra Gesù e i suoi avversari che lo accusano di infrangerlo, poichè fa miracoli anche in questo giorno, in cui è proibito qualsiasi lavoro (Marco, 2,27-3,6). Altro punto era la rigorosa separazione tra le persone qualificate impure da parte di coloro che si ritenevano puri. In questa categoria rientravano i pubblici peccatori e i pagani, dediti al culto degli idoli. Le regole di separazione e di purificazione previste dalla Legge avevano una ragione: quella di salvaguardare la genuinità della fede nel Dio unico e della morale, ma avevano il grave svantaggio di sollecitare la presunzione del popolo ebraico di essere superiore agli altri, giustificandone il disprezzo, e di ritenersi giusto davanti a Dio. Gesù invece si diverte a sottolineare la loro ipocrisia e le numerose incoerenze. Ma gli interessa mettere in rilievo le ragioni essenziali che rendono valida la Legge.
1. Essa ha lo scopo di indirizzare l’uomo a comportarsi come Dio Padre. Questa è la sintesi del suo insegnamento: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Matteo,5,48).
2. Questa imitazione riguarda l’amore del Padre verso gli uomini. La Legge vale nella misura in cui rispecchia la misericordia divina: «Imparate che cosa significhi, Misericordia io voglio e non sacrifici» (Matteo, 9,13).
Sulla base di questi due principi Gesù relativizza le prescrizioni che costituivano il corpo della Legge ebraica. In certi casi la infrange apertamente; da qui le accuse delle autorità ebraiche di essere un falso profeta e di offendere Dio. Gesù insiste invece di conoscere Dio più di loro e di comportarsi secondo la sua volontà. Il dissidio si rivela insanabile.
La guarigione del lebbroso contiene tutti questi elementi: il lebbroso era considerato un impuro da evitarsi assolutamente. Gesù invece non può permettere che venga abbandonato: anche il lebbroso è Figlio di Dio. Perciò Gesù “ne ebbe compassione”, verbo che esprime la forza dell’amore paterno attribuito dai Vangeli a Dio stesso. Poi lo “tocca”, gesto proibito dalla Legge. Ma un atto di amore è sempre una vittoria; in questo caso c’è anche la guarigione. Gesù manda il risanato dai sacerdoti, incaricati di verificarne la guarigione per riammetterlo nel consorzio umano. Il messaggio che deve recare loro è evidente: Dio ama il lebbroso, maledetto dagli uomini, perchè è suo figlio. Dio non è la Legge che mi giudica e condanna: è il Padre della vita, che mi ama più di se stesso, senza condizioni. Ogni mio male, fisico e ,morale, lo spinge verso di me con un amore che non conosce altro metro che quello del mio bisogno: « Misericordia io voglio e non sacrificio». Egli non mi tratta secondo il mio peccato.