All’assemblea di sabato 2 aprile l’Associazione Soci Ubi non sarà presente. Inutile perdere tempo: tutto è già stato deciso per la nomina delle due liste per il Consiglio di sorveglianza per il triennio 2016/2018.
La prima lista, che rappresenta l’attuale establishment, è stata presentata da Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo; Fondazione Banca del Monte di Lombardia; Alberto Folonari; La Scuola, Quattro Luglio; Angelo Radici; Emilio Zanetti; Pecuvio Rondini; Scame; Miro Radici Family & Companies, titolari complessivamente di 50.940.841 azioni pari al 5,65% del capitale sociale di Ubi. Questi soci propongono candidati: Andrea Moltrasio, Mario Cera, Armando Santus, Gian Luigi Gola, Pietro Gussalli, , Pierpaolo Camadini, Letizia Bellini, Renato Guerini, Giuseppe Lucchini, Francesca Bazoli, Sergio Pivato, Alessandra Del Boca, Luciana Gattinoni, Simona Pezzolo, Antonella Bardoni. La seconda lista è stata presentata da Assogestioni, forte dell’1,21% del capitale sociale, candida Giovanni Fiori, Paola Gannotti, Patrizia Giangualano.
Sul sito di Assogestioni si legge che “è l’associazione italiana dei gestori del risparmio e rappresenta la maggior parte delle società di gestione del risparmio italiane e straniere operanti nel nostro Paese, oltre a banche e imprese di assicurazione attive nella gestione individuale e collettiva del risparmio.”
In pratica, questa seconda lista sembra essere presentata da un’associazione a difesa degli interessi della prima lista.
Insomma, all’autoreferenzialità non sembra esserci limite!
È illegale tutto questo? Semplicemente inopportuno.
Dunque, i Soci premieranno i protagonisti delle disastrose performance di UBI attribuendo loro l’intero Consiglio di Sorveglianza (che nomina il Consiglio d’Amministrazione), il Collegio Sindacale, la Società di Revisione, il Collegio dei Probiviri sino al … responsabile della mensa aziendale.
Insomma, senza voler mettere in discussione l’onestà e la capacità di questi signori che decidono da anni i destini della nostra provincia, ci sono tutte le premesse perché si possa verificare un disastro essendo noto a tutti l’importanza dei contrappesi in una governance.
Ma come è stato possibile tutto questo?
La gente ha compreso cosa è successo e cosa potrebbe accadere?
Sull’Eco di Bergamo di oggi possiamo leggere, a caratteri cubitali, il messaggio del Vescovo per la Pasqua:
“Non stiamo al balcone, partecipiamo”.
Bene, cosa suggerisce di fare in questo caso il nostro Vescovo per accrescere la consapevolezza nell’opinione pubblica?
Lo chiediamo non tanto per porre rimedio ad una questione che consideriamo ormai irrimediabilmente compromessa ma per evitare che si possano ripetere situazione simili qualora non si vada alla radice del problema e non si estirpi il peccato originale di tutto il sistema …
Dal 2005 la nostra associazione denuncia invano la situazione e ci spiace constatare che avevamo previsto tutto.
Le medesime domande potremmo proporle al sindacato, alle associazioni di categoria, alla cciaa, ai politici … tutti pronti ad indignarsi quando UBI verrà acquistata da un fondo cinese per 4 soldi o verrà fusa con la banca Intesa di turno.
Siamo convinti che questa brutta storia non abbia giovato a nessuno, nemmeno ai protagonisti di questa vicenda.
Concludiamo riportando un’editoriale, tratto dal Corriere della Sera di ieri, del Prof. Trancredi Bianchi, schierato per anni con l’establishment ma dotato di un intelligenza e di un senso di giustizia e di libertà unici:
“Il vocabolario della lingua italiana, edito dall’Istituto per l’Enciclopedia Italiana, scrive alla parola dignità: «Condizione di nobiltà morale in cui l’uomo è posto: dal suo grado, dalle sue intrinseche qualità, dalla sua stessa natura di uomo, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e che egli deve a se stesso». Non vedo il nesso, citando una condizione di pari dignità, con il numero dei posti, assegnati a gruppi di azionisti, in un consiglio di amministrazione, salvo si tratti di amministratori indipendenti, nel qual caso, il giudizio di opinione, in merito alla scelta, di ognuno dei partecipanti alla discussione in materia, deve reputarsi espresso con pari dignità. L’occasione di tale riflessione è offerta dai commenti al caso Ubi Banca. È vero, lo statuto Ubi parla di pari dignità tra soci bresciani e bergamaschi, ma ciò non significa che in una società, in cui ogni azione abbia diritto a un voto, non abbia peso il numero delle azioni di un socio. Il difetto sta nella non previsione statutaria di nomina, in proporzione significativa, di amministratori rigorosamente indipendenti, scelti in funzione di competenze e capacità specifiche, qualità intrinseche, non correlate con il numero delle azioni di chi opera la scelta. Non si può, in ogni caso, prescindere dalla situazione in atto. Mi sembra giustificato l’auspicio di tenere conto delle considerazioni precedenti quando il consiglio di sorveglianza di Ubi nominerà il consiglio di gestione, e non tanto in nome di una condizione di pari dignità, ma di buone regole di governance. I tempi esigono particolare attenzione quanto alla gestione delle banche, resa meno agevole da una congiuntura economica e monetaria particolare e in molti aspetti non sperimentata nel passato. Inoltre, in un contesto geo-politico instabile. Il superamento delle unilateralità e la composizione delle antitesi impone una valutazione molto equilibrata degli interessi e dei conflitti in gioco da parte di una pluralità di stakeholders. Le attese degli azionisti sono importanti, ma non possono essere appagate prescindendo da altri portatori di interessi. Le imprese tutte, e quindi pure le banche, non possono trascurare la responsabilità sociale della propria azione. Il che, l’esperienza ampiamente insegna, impone distinzione tra proprietà e management, in guisa da evitare che vengano acuiti potenziali conflitti di interesse tra una categoria e l’altra di quanti chiedono tutela delle proprie aspettative, domandando pure il rispetto della propria dignità. Credo che tutti intendano quanto sia ardua la buona governance di un’impresa.”