PILLOLE DI DIRITTO COSTITUZIONALE
Cariche ineleggibili, cariche incompatibili: ecco chi non può diventare parlamentare. E chi viene eletto è un portavoce o un rappresentante?
Articolo precedente: “I privilegi parlamentari”, pubblicato il 13.02.2021
Tutti possono diventare parlamentari? Ci risponde l’art. 65 della Costituzione disciplinando i casi di ineleggibilità e incompatibilità.
L’ineleggibilità è quella condizione soggettiva che incide sulla capacità elettiva passiva del candidato parlamentare, in presenza della quale l’elezione è invalida. Un soggetto, infatti, potrebbe anche ottenere 45 milioni di voti, ma se è macchiato dai casi di ineleggibilità non viene eletto. Le cause si sostanziano nella titolarità di determinate caratteristiche elettive locali (es. Presidenti di Provincie o Sindaci di Comuni con più di 20.000 abitanti), nella presenza di rapporti economici con lo Stato e nell’esercizio della professione di magistrato. Inoltre, in forza della famosa legge Severino, sono ineleggibili anche i condannati con sentenze passate in giudicato che prevedono pene superiori a due anni di reclusione.
Un soggetto che rientra in queste categorie, però, può sempre decidere di diventare parlamentare, ma per farlo devono cessare i motivi dell’ineleggibilità almeno centottanta giorni prima dello scioglimento delle Camere. Se invece la situazione di ineleggibilità si verifica nel corso del mandato, il soggetto deve essere dichiarato decaduto dalla camera di appartenenza.
L’incompatibilità, invece, è un istituto più morbido. Il soggetto che è titolare di una carica incompatibile con quella di parlamentare, infatti, può candidarsi, ma nel caso in qui dovesse venire eletto deve scegliere se accettare la nomina o mantenere la carica precedente. L’art.65 vieta di poter cumulare la carica di Deputato e Senatore e l’art.84 quella di Presidente della Repubblica, mentre l’art.135 vieta ad un Giudice della Corte Costituzionale di essere anche parlamentare e il 104 di essere al contempo membro del CSM (Consiglio Superiore della Magistratura). L’art.122, infine, dichiara incompatibili le cariche di parlamentare con quella di Consiglieri, Assessori e Presidenti di Regione. Altre leggi, invece, ampliano questo istituto agli eurodeputati e a chi possiede cariche direttive in enti che gestiscono servizi per conto dello Stato (INAIL, INPS…).
Per concludere, ritengo doveroso ricordare anche il contenuto dell’art.67, il quale stabilisce che ogni parlamentare “rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Si tratta del c.d. “divieto del mandato operativo”, il quale stabilisce che chi viene eletto non è solamente il rappresentante di chi lo ha votato, ma che anche di tutti gli altri elettori. Un parlamentare della coalizione di Destra, per esempio, rappresenta anche i socialisti comunisti multiculturalisti e uno di Sinistra, per contro, rappresenta anche i liberali e i conservatori e i sovranisti.
Questo implica che un parlamentare, quando viene eletto, può benissimo non iscriversi nel gruppo del partito con cui è stato eletto. Per assurdo, un estremista potrebbe iscriversi in un gruppo dell’estremo opposto e nessuno potrebbe sindacare questa sua decisione. Un parlamentare, quindi, può cambiare gruppi, crearne di nuovi e fare tutto quello che vuole senza rendere conto a nessuno.
Questa, anche se non sembra, è una grande garanzia per i cittadini. Vuol dire che i loro rappresentanti sono liberi, possono fare quello che vogliono e non devono seguire delle direttive imposte dall’alto. La segreteria di un partito decide che su quella legge il gruppo deve votare contrario? Bene… liberissimi di farlo, ma chi vuole può anche votare a favore andando in contrasto con il proprio partito. I parlamentari, infatti, non sono dei meri portavoce, bensì dei rappresentanti: titolari, quindi, di un forte margine di autonomia ed indipendenza che gli permette di prendere decisioni accorte slegate dagli ordini di partito.
Certo… come tutto, in Italia, l’abuso di questo articolo è all’ordine del giorno. Il trasformismo e il voltagabbanismo, infatti, sono delle caratteristiche tipiche del nostro Paese, secondi soltanto alla pizza e alla pasta al pomodoro. Il principio è giusto, è una garanzia a tutela degli elettori. Purtroppo, chi ci rappresenta (o meglio, chi ci dovrebbe rappresentare) ha preso troppo sul serio questo articolo della Costituzione sentendosi così libero di promettere A e di fare Z, di andare con Alfa e poi amoreggiare con Omega. Ma il problema non è la legge che è sbagliata: di sbagliato, infatti, c’è solo la pelle camaleontica della classe politica italiana.
Alessandro Frosio