Se in provincia di Bergamo i produttori di vino si lamentano (vendemmia 2019 con -40% di uva raccolta), se ancor più si lamentano i produttori di olio d’oliva (-90% le olive raccolte rispetto al 2018), a gioire sono invece i tartufai bergamaschi che proclamano il 2019 come «anno felix». Naturalmente parliamo di tartufo nero, perché quello bianco – più pregiato (attorno ai 3 mila euro al chilo) – in Bergamasca non c’è, nonostante qualcuno ne millanti la presenza.
La soddisfazione dei cercatori è espressa senza mezzi termini da Giuseppe Ciocchetti, presidente della Associazione tartufai bergamaschi, nata 18 anni fa e che conta oggi più di ottanta iscritti: «L’abbondanza di quest’anno è legata alle piogge, copiose e nei periodi giusti. Le zone produttive sono distribuite un po’ su tutto l’arco collinare orobico, con particolare quantità e qualità nella zona di Bracca, in Val Serina e Val Cavallina. Da maggio a settembre si raccoglie il tuber aestivum, detto anche scorzone, che si vende attorno ai 200 euro al chilo. Da settembre a dicembre è la volta del tuber uncinatum, con una quotazione sui 300 euro. In questo periodo il più pregiato è il tuber melanosporum, che possiamo andare in giro a raccogliere con i cani sino a fine marzo e che vale sui 600 euro al chilo. Nello stesso periodo c’è il tuber brumale che vale meno, sui 300 euro. Poi si ricomincia, da febbraio ad aprile, con il «bianchetto », sui 400 euro al chilo. I prezzi, solitamente, schizzano in alto sotto Natale, quando c’è più richiesta e il nero pregiato può arrivare anche a 700 euro il chilo».
Due le cose essenziali per andare a tartufi: il cane, fondamentale, e un tesserino rilasciato da Regione Lombardia dopo un esame abbastanza semplice. «Il cane più utilizzato oggi è il Lagotto Romagnolo – spiega Ciocchetti – perché apprende facilmente ed è molto docile, ma anche i meticci vanno benissimo: vanno istruiti dal terzo mese a un anno di età. Devono essere di piccola o media taglia: con zampe troppo grandi rischierebbero di graffiare il tartufo».
Il tartufo nero bergamasco ha trovato una spinta decisiva grazie all’impegno di trattorie e ristoranti che puntano sui prodotti del territorio: in molti hanno inserito il tartufo delle valli orobiche nei loro menù, con successo, «perché è di qualità anche superiore ai tartufi neri di Umbria e Toscana – assicura Ciocchetti – perché il nostro territorio è particolarmente vocato».
Ricette per gustarlo? Risponde Darwin Foglieni, chef del ristorante «Giopì e Margì» di via Borgo Palazzo a Bergamo, uno dei primi cuochi a valorizzare questo “oro nero orobico”:«Lamellato su un semplice ovetto al tegamino, oppure su un tagliolino al burro, o anche in un risotto con una bella fonduta di taleggio. Ottimo anche su una polentina, sempre con il taleggio, arricchita da un lamellato di tartufo nero e magari qualche fungo porcino. Lo si può usare anche sul baccalà mantecato, sempre con polenta. Altra ricetta molto richiesta sono gli gnocchetti saltati alla zucca, con salsiccia bergamasca, polenta e tartufo nero orobico».
NELLA FOTO, DA DESTRA, LO CHEF DARWIN FOGLIENI CON IL PADRE IVAR E IL FRATELLO ALIOSHA DIRETTORE DEL RISTORANTE GIOPI’ E MARGI’