Nella cornice della sede storica del Corriere della Sera a Milano, nella sala Indro Montanelli, la sera del 21 Maggio 2012 è stato presentato il nuovo libro pubblicato dalla Fondazione Corriere della Sera “La critica letteraria e il Corriere della Sera 1876-1945” curato da Bruno Pischedda con prefazione di Paolo di Stefano. Questo primo volume sarà poi seguito a Novembre da un secondo, curato da M. Bersani e relativo agli anni 1945-1992.
La presentazione è iniziata con l’intervento di Paolo Di Stefano, giornalista e scrittore, che ha introdotto i relatori e illustrato la struttura del libro: si tratta di un’antologia degli elzeviri della terza pagina del Corriere ed è organizzata in 32 voci di autori, ognuna corredata da una breve monografia critica e biografica, con l’aggiunta di apparati critici.
È poi intervenuto Claudio Magris, scrittore, giornalista e germanista che ha proposto alcune riflessioni. Ha rilevato come questo libro sia importante perché vi si mostra superata la tradizionale polemica tra giornalisti e accademici e perché vengono smentite le critiche alla terza pagina come elusione dalla realtà. Gli autori degli elzeviri incarnano spesso entrambe le figure di giornalista e accademico, dimostrando la propria preparazione di studiosi unita a vivacità intellettuale; la scelta fortunata di “pagine non invecchiate” che ci parlano ancora oggi, ci permette di vedere come i grandi libri abbiano inciso sulla vita reale.
Il terzo relatore è Giovanni Pedullà, storico della letteratura ora curatore dell’Atlante della letteratura italiana. Ha descritto l’antologia come esemplare poiché comprende tutti i nomi importanti, molti nomi minori, ma anche figure-chiave oggi dimenticate. Ha sottolineato come siano stati utilizzati fondi archivistici per ricostruire i retroscena ed i rapporti con la politica facendoci intuire ciò che non avremmo saputo altrimenti.
Anche lui ha esposto diverse considerazioni: sull’importanza della politica, che condizionò gli scrittori nel periodo fascista (ad es. nel ’38 Momigliano, ebreo, dovette lasciare il giornale per le leggi razziali) ma non i contenuti; sull’apporto degli autori stranieri e sulla provenienza dei collaboratori del Corriere, tutti dall’area Milanese, appartenenti ad una società “face to face”, ovvero fondata sui rapporti personali (ad es. Capuano e De Roberti, trasferitisi a Milano, iniziano la collaborazione).
Ha concluso la serata Bruno Pischedda, docente presso l’Università Statale di Milano, scrittore e giornalista, con commenti personali: la grande mole di lavoro (leggere settant’anni di recensioni) gli ha dato anche grandi soddisfazioni poiché ogni giorno in archivio ha potuto scoprire qualcosa di nuovo, specialmente relativamente ai primi venticinque anni di attività del Corriere, di cui si sapeva poco. Si è accorto della grande reversibilità tra giornali e civiltà letteraria, ovvero di come i giornali abbiano dato un grande contributo al mondo letterario, ma come anche quest’ultimo diventi permeabile ai contesti politici e sociali: il giornale sottrae dunque la letteratura dalla sua autonomia.
Molte quindi le riflessioni che questa antologia autocelebrativa ci consegna, sull’autonomia dell’arte, sulle sue relazioni con il giornalismo, con la politica. In questo modo il Corriere si apre all’apprezzamento dei lettori, con una raccolta dei maggiori nomi della cultura; ma anche alle critiche, presentando gli anni bui del Fascismo e gli errori commessi (l’incomprensione relativa a Svevo e Pirandello). Grazie a questo testo il lettore potrà farsi una nuova idea sui personaggi citati, diversa dalla vulgata, da come sono stati presentati, ricordando pagine già lette negli anni e scoprendo sempre qualcosa di nuovo.