Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, 1vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
3«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 4Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
5Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. 6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
7Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 8Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 9Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
10Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.
13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. 14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
Commento
Abbiamo unito al brano di Vangelo di oggi (Mt. 5,13-16) quello di domenica scorsa riportante il testo delle Beatitudini (Mt,5,1-11), perchè sono strettamente connessi e, senza la loro menzione, rischiano di non essere colti nel loro pieno significato. Il Vangelo odierno ricorda i compiti affidati da Gesù ai suoi discepoli di essere sale, luce e città non nascosta, ma posta sul monte e ben visibile da lontano. Li impegna ad una forte visibilità, perchè la loro opera è necessaria, come il sale per insaporire e conservare il cibo (questo era il duplice uso del sale al tempo di Gesù), come la luce per illuminare la casa e come la città ben visibile da lontano per indicare la meta ai viandanti. La finalità non è quella di procurare la gloria ai discepoli, ma di essere un tramite perchè gli uomini che non conoscono il Padre abbiano a volgersi a Lui. Chiedendo ai discepoli di compiere opere belle, Gesù vuole che essi, mediante la loro vita, facciano sentire all’umanità il mistero della presenza e dell’azione trasformante di Dio in loro. Dal discepolo deve emanare una luce che conduce gli uomini alla sorgente della luce, a Gesù e in ultima istanza al Padre.
Ma di quale splendore si tratta? Crediamo che esso vada ricercato anzitutto nel vivere secondo le Beatitudini, le quali non possono non suscitare una duplice e contrastante reazione: o il rifiuto radicale che sfocia nell’odio e nella persecuzione perchè Cristo propone al mondo valori non sempre condivisibili – povertà, purezza, mitezza, ricerca della pace e della giustizia ad ogni costo, anche a rischio della vita –; oppure la disponibilità ad aprirsi a Dio, spinti dalla luminosità dell’essere e dell’agire dei discepoli, specialmente quando essi, in obbedienza alla parola di Cristo, giungono ad amare persino i loro nemici (cfr. Mt 5, 43 ss). La diffusione del Vangelo è legata essenzialmente alla testimonianza dei discepoli
Questo mi induce una considerazione storica riguardo all’espansione del cristianesimo nei primi secoli (I-III sec. dopo Cristo) quando il suo successo dipese prevalentemente dalla testimonianza dei cristiani. Ne abbiamo un’illustrazione in un celebre scritto dell’inizio del III secolo d. C. indirizzato da un autore anonimo ad una persona di alto rango chiamato Diogneto: è la celebre opera A Diogneto. Questo personaggio, pur sconcertato da alcuni atteggiamenti cristiani, rimane colpito da due cose: il nuovo stile di amore che regna tra di essi e l’esempio dei martiri che non esitano a sacrificare la vita pur di evitare il culto degli dei. L’autore risponde osservando che la condotta dei cristiani si distingue da quella della maggioranza della popolazione nei seguenti punti:
1. esemplarità nell’osservanza delle leggi dello Stato, eccetto quelle che configgono con l’etica cristiana, come ad es. il culto degli dei romani.
2. Fraternità dei rapporti all’interno della comunità tra gli appartenentialle diverse classi di ricchi e poveri, schiavi e liberi.
3.Il permanere delle profonde disuguaglianze sociali e il permanere del regime di schiavitù era corretto dal rispetto reciproco e dalla comune partecipazione ai medesimi riti, come l’eucarestia.
4. Le disuguaglianze sociali erano attenuate dall’istituzione di una cassa comune dove i benestanti ponevano le offerte a vantaggio dei ceti più poveri e deboli. Questo rappresentava una grande novità nel mondo greco-romano, dove i ricchi spendevano somme notevoli per spettacoli e monumenti di pubblica utilità, ma per motivi di prestigio e di interesse politico. Aiutare un povero che non poteva dare nulla din contraccambio era considerato un’assurdità.
5, Valorizzzione della donna e dell’unione familiare. I cristiani riconoscevano la dignità della donna, allora ridotta a puro strumento di piacere, e curavano la solidità della famiglia, evitando ogni forma di licenziosità. V’era il pieno rispetto dei figli con l’esclusione dell’aborto e dell’abbandono dei neonati con l’esposizione nei luoghi pubblici.
La novità cristiana non era ben compresa da tutti e suscitava reazioni contrastanti. Ma molti cristiani resistevano, perchè come dice l’ A Diogneto, in essi ardeva il fuoco di Dio, il fuoco dell’amore. Il modello al quale i cristiani si ispiravano era quello di Cristo. Il segreto del loro successo presso molti consisteva nel farsi imitatori di Dio. Ad un pagano colto e disponibile come Diogneto giunge l’invito di fare altrettanto: “Ma quando avrai cominciato ad amare Dio, sarai imitatore della sua bontà. E non stupirti se un uomo possa diventare imitatore di Dio” (A Diogneto 10,4)
I cinque punti su cui i cristiani si sono impegnati nei primi secoli, riguardano anche i cristiani di oggi. Anche a noi spetta farci imitatori di Dio, entrare cioè nello spirito delle Beatitudini, per poter irradiare nel mondo la luce di Gesù, senza dimenticare però che anch’essa può diventare oggetto di rifiuto e coinvolgere nel disprezzo anche i suoi discepoli. Ma questo non può costituire un freno. Anzi essa può offrire l’oppotunità di vincere i nemici e gli avversari con un amore ancora più grande del loro odio e favorire il loro ravvedimento.