DOMENICA VI DOPO PASQUA ANNO B
Vangelo secondo Giovanni, 15, 9-17.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
Commento
Durante l’ultima cena, Gesù rivela ai discepoli i segreti del cuore e manifesta la natura del suo amore verso di loro. Durante i tre – quattro anni di vita comune, essi erano stati l’oggetto di un affetto, che univa gli aspetti più belli delle relazioni umane: Gesù era stato un padre, un fratello, un amico ed un maestro sollecito della loro crescita umana e religiosa; li aveva messi a parte dei suoi progetti, delle sue gioie e pene; era stato paziente fino all’inverosimile, anche se non aveva risparmiato rimproveri. Si sentivano compresi e sapevano che il loro maestro era disposto al perdono. Questo atteggiamento misericordioso non era stato esclusivo, ma esteso a tutti coloro che Gesù incontrava: ai poveri, agli umili, ai peccatori e ai malati, senza escludere i ricchi ed i potenti chiamati alla conversione.
Ebbene Gesù rivela la qualità del suo amore affermando di nutrire verso i suoi discepoli lo stesso amore che Dio Padre ha per lui e di riversare su di loro la tenerezza infinita di Colui che considera tutti gli uomini suoi figli carissimi. Gesù è il primo oggetto di questo amore così grande che non ha potuto fare a meno di viverlo con le persone che il Padre gli ha affidato, a cominciare dai suoi discepoli. Egli si è fatto strumento di questo Amore, in modo che attraverso i suoi gesti e le sue parole, tutti possano percepire la Bontà del Padre.
Da ciò consegue un obbligo analogo per i suoi discepoli. A imitazione di Gesù, che ha sperimentato l’amore del Padre riversandolo sugli uomini, devono estenderlo ai loro fratelli. Questo impegno diventerà ancora più esigente, dopo la sua morte in croce. L’amore di Gesù, che viene dal PADRE, ha bisogno dell’atto supremo della morte per attuarsi ed essere testimoniato: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici”. Ne deriva la conclusione: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi”. Gesù vuole un rapporto continuativo, una full immersion, si direbbe oggi, in Lui, per condividere fino in fondo le sue convinzioni, i suoi sentimenti, il suo stato d’animo, come rimedio ai nostri mali.
Teresa di Lisieux, presentata alla devozione dei fedeli nella nostra città la settimana scorsa, ci offre un moderno esempio di questo ingresso nel flusso dell’amore di Dio che dal Padre si riversa sul Figlio dall’eternità e che il Figlio a sua volta riversa sull’umanità, chiamata a fondare su di esso i suoi rapporti fraterni. Teresa lo esercitò nel gestire i rapporti con le sorelle del monastero; comprendeva che questa esperienza era molto più alta ed appagante di tante altre. Racconta che una sera, udì da lontano la musica proveniente da una casa privata, dove erano convenute dame e signori eleganti per una festa di ballo, esperienza che ben conosceva prima di entrare in clausura. Sapeva che in esse non mancavano pettegolezzi e malignità. Essa stava invece curando una povera suora malata che si lamentava. Eppure fece un’esperienza esaltante, pensando che agiva nella carità e nell’amore di Cristo. Scriveva: “Non so esprimere quello che accadde nella mia anima, quello che so è che il Signore la illuminò con i raggi della verità che superano altamente lo splendore tenebroso delle feste della terra … Non avrei dato i dieci minuti di questo umile servizio in cambio di mille anni di feste mondane”.