Censura dal Governo sul caso del cittadino pakistano a cui era stata negata la residenza a Palosco. Con una lettera severa il ministero per le Pari opportunità ha bacchettato il Comune guidato dal sindaco leghista Massimo Pinetti, che aveva rifiutato la residenza al 28enne Ashrad Tahir perché non aveva un reddito annuo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria, cioè 5 mila euro.
Con un documento inviato alla Cgil di Bergamo, che sgombra il campo da dubbi sulla legittimità o meno dell’ordinanza emessa dal borgomastro, l’Unar, l’Ufficio nazionale anti-discriminazioni razziali, definisce il comportamento del Comune discriminatorio. Non solo. Secondo il ministero, essendo il cittadino pakistano in possesso di regolare permesso di soggiorno, è legittimato a rivolgersi al giudice «e a ottenere non solo la rimozione della discriminazione ma anche il risarcimento dei danni morali subiti in seguito a quel comportamento». L’Unar ha quindi richiamato l’attenzione dell’Amministrazione su quanto avvenuto invitandola a conformarsi alla normativa in materia e a comunicare all’ufficio le eventuali iniziative che riterrà utile adottare.
La vicenda che ha coinvolto il giovane pakistano è balzata agli onori della cronaca all’inizio di giugno quando la Fiom-Cgil e il Coordinamento dei migranti avevano puntato il dito pubblicamente contro il provvedimento dell’Amministrazione definendolo «illegittimo e discriminatorio nei confronti dei cittadino extracomunitario». Il sindacato aveva informato della situazione di Palosco anche il prefetto, il questore di Bergamo (dai quali non è mai arrivata risposta, fa sapere il sindacato) e l’Unar, sollecitandoli a intervenire. E proprio dall’Unar è arrivata una presa di posizione chiara e lapidaria che non lascia dubbi.
«L’intervento da parte del ministero conferma l’opportunità delle nostre critiche – ha spiegato Mirco Rota, segretario generale provinciale della Fiom-Cgil di Bergamo – L’obiettivo della nostra azione, oltre a quello di risolvere la vicenda del cittadino vittima del comportamento discriminatorio, era ed è più generale: impedire il diffondersi di comportamenti discriminatori nei confronti dei più deboli da parte delle Amministrazioni comunali».