Situazione difficile del sistema creditizio, in particolare di quello legato al mercato immobiliare. Per risolvere questa situazione è necessario: 1) che le Banche siano in grado di valutare i rischi con professionalità ; 2) che gli operatori siano disponibili a confrontarsi con il sistema bancario in modo trasparente e completo, fornendo tutte le informazioni necessarie perché le Banche possano misurare i rischi. (L. A.)
19-03-2010 – di Edovige Catitti, Direttore Generale Italia/General Managing Italy AAREAL BANK AG
La situazione del sistema creditizio è ben nota e sono ben note anche le difficoltà di accesso al credito. In sintesi ad una fase fortemente espansiva, in cui il credito veniva ampiamente concesso, si è sostituita una nuova fase in cui il credito è concesso con mano “socchiusa”.
Sulle ragioni della crisi è stato molto scritto ed autorevoli economisti, banchieri e politici si sono ampiamente espressi; ritornare, dunque, ad analizzare le cause mi sembra esercizio superfluo.
Più attraente mi sembra concentrare il mio interesse sulla situazione corrente e sulle possibili evoluzioni, soprattutto guardando al mercato immobiliare.
Attualmente, come sopra detto, il credito è concesso “a mano socchiusa” ovvero, per i meno giovani, “ a fessura”, ricordando la fatica che i bambini facevano per estrarre le monete, con l’ausilio di una lama di coltello, dal porcellino salvadanaio in terracotta.
Ebbene ottenere un finanziamento oggi vuol dire più o meno fare la stessa fatica.
Perché le Banche concedono credito con la mano socchiusa? Elenco di seguito alcune delle ragioni più rilevanti:
1) la difficoltà a procedere con nuove cartolarizzazioni e quindi a ridurre il portafoglio crediti, liberando liquidità da investire nuovamente nel mercato immobiliare;
2) l’applicazione rigida dei principi di BasileaII che prevedono per le Banche una capitalizzazione proporzionale agli impieghi, che come sopra detto erano e restano molto consistenti, non potendosi procedere con le cartolarizzazioni di cui al precedente punto1;
3) la preoccupazione che un’eventuale Basilea III porti alla necessità di incrementare ulteriormente il capitale, a fronte di una redditività delle Banche che si annuncia particolarmente esigua;
4) la necessità di far fronte a forti accantonamenti derivanti dall’impossibilità di recuperare parte dei crediti concessi;
5) la necessità di valutare i rischi di credito con la cautela necessaria a garantirne il recupero, per evitare che nel prossimo futuro si debba ricorrere ad ulteriori accantonamenti.
D’altronde ritengo che il credito debba essere sempre concesso “a mano socchiusa” per selezionare i richiedenti; se il credito fosse concesso “a mano aperta” avremmo l’effetto “piccione” a Piazza San Marco, che si realizza quando si stende la mano con i chicchi di granturco…..e tutti sappiamo che in quel caso non si riesce a selezionare il piccione più grassoccio da quello un po’ deperito.
Selezionare è, invece,necessario perché la Banca impiega denari non suoi che deve restituire ai depositanti e/o investitori; la restituzione a questi ultimi è, però, possibile solo se la Banca, a sua volta, ottiene la restituzione dei suoi crediti.
La mano socchiusa va, dunque, accettata a garanzia di tutti, purchè la selezione sia “regolare” e vengano finanziati “i migliori”.
Si può legittimamente obiettare che la politica della “mano socchiusa” possa condurre al patibolo le aziende più deboli da un punto di vista economico/finanziario.
Il rischio è reale ma non sarebbe comunque giustificabile l’accanimento terapeutico verso imprese già agonizzanti, perché questo vorrebbe dire far sopravvivere artificialmente organizzazioni aziendali incompatibili con il sistema competitivo nel quale sono inserite.
Nell’era dell’alta velocità nessuno potrà dolersi del mancato finanziamento del progetto destinato a produrre il treno a vapore.
Mi rendo conto di aver fatto delle semplificazioni nell’affrontare il tema e che ciascuna affermazione sopra riportata richiederebbe una più ampia ed articolata riflessione.
Mi auguro che i lettori vogliano perdonare la semplicità e la sintesi utilizzate nell’esposizione e vogliano utilizzare, anche quanto da me sottaciuto, per fare le proprie considerazioni.
Per quanto riguarda poi il mercato immobiliare, dobbiamo dirci con franchezza che questo non gode di buona “stampa”.
Il settore immobiliare è considerato quello “della grande speculazione” che si sostanzia nei termini quali “palazzinari” o “furbetti del quartierino” e che precipita infine nelle numerose inchieste giudiziarie che vedono in primo piano costruttori ed immobiliaristi. La “vulgata” diffusa in tutti gli ambienti, da quelli popolari a quelli borghesi, tende a qualificare gli imprenditori del settore immobiliare come inveterati speculatori, spesso corruttori, pronti a violare ogni regola, comprese quelle sulla sicurezza che mettono a rischio la vita dei lavoratori, pur di fare affari.
La parola affari è di norma pronunciata rafforzando le “f”, che diventano tre, con ciò caricando il termine di profonda negatività. In poche parole chi opera nel settore immobiliare non è un imprenditore o lavoratore; è un soggetto che è alla ricerca di appalti milionari, che realizza opere da vendere a prezzi 10 volte superiori ai costi, che acquista portafogli immobiliari a prezzi risibili con la compiacenza di corrotti funzionari pubblici o privati, che non paga le tasse e che hanno come una stella polare solo la cupidigia.
Il saper fare dighe, ponti, grattacieli, alberghi o semplici villette sembra irrilevante ed altrettanto irrilevante è il tempo necessario per trasformare un’idea costruttiva in un immobile.
Dobbiamo dire che gli operatori immobiliari non fanno alcunché per modificare l’immagine diffusa dalla vulgata, spiegando l’importanza e le difficoltà del loro lavoro.
Le Banche, ovviamente, devono tener conto del clima sociale in cui le imprese del settore operano e, quando intervengono a sostegno delle iniziative immobiliari, effettuano istruttorie sempre più puntuali ed approfondite, anche per evitare rischi reputazionali.
Va anche detto che il mercato immobiliare non ha ancora raggiunto i livelli di trasparenza presenti in altri settori; a volte alcune aziende presentano opacità, intrecci azionari di difficile interpretazione, crediti intercompany di complessa lettura, società estere con finalità non chiare, confidentiality agreement sottoscritti con finanziarie o altri soggetti che impediscono approfondimenti..e tutto questo non agevola certo il compito delle Banche, giustamente soggette a normative antiriclaggio particolarmente stringenti.
In questa situazione il settore bancario ha assunto un atteggiamento di grande cautela, dettato sia dalla crisi e dal conseguente contenzioso in atto, che da altre considerazioni di carattere strategico.
Il settore immobiliare, infatti, richiede investimenti molto consistenti e le Banche, in una situazione di scarsa liquidità, sono più propense a finanziare 10 imprese manifatturiere per un importo di € 1 Mio piuttosto che un intervento immobiliare di 10 Mio; così facendo diversificano meglio il rischio ed assicurano lo sviluppo di aziende che competono sui mercati internazionali.
Aggiungo che il mercato immobiliare presenta aspetti molto complessi, la cui corretta lettura richiede una cultura immobiliare che si sedimenta con l’esperienza e attraverso le ripetute crisi; questa cultura non è sempre presente nel sistema bancario.
Negli ultimi anni le Banche sono migliorate moltissimo sotto questo profilo, ma occorre ancora tempo perché venga ricostituita all’interno del sistema quella conoscenza approfondita delle diverse e complesse tematiche immobiliari, che era propria degli Istituti di Credito Fondiario e che è stata fortemente ridimensionata dall’avvento delle così dette Banche universali.
Spero di essere riuscito a spiegare almeno alcune delle ragioni che sono alla base dell’attuale difficile momento in cui versa il comparto finanziario/immobiliare.
Da questo momento si può uscire:
A) se le Banche saranno in grado di valutare compiutamente i rischi connessi con le iniziative da finanziare, continuando a sviluppare la loro professionalità nel settore immobiliare;
B) se gli operatori saranno disponibili a confrontarsi con il sistema bancario in modo trasparente e completo, fornendo tutte le informazioni, e ripeto “tutte”, necessarie perché le Banche possano misurare i rischi.
Credo anche che sussistano alcune innovazioni che potrebbero aiutare a migliorare il quadro di riferimento. Di queste tratterò se la Redazione vorrà ancora ospitarmi.
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15-03-2010 – di Aldo Mazzocco, AD/CEO Beni Stabili
Dopo tanti anni nel settore e dopo quasi due anni di “analisi” della crisi, vorrei essere estremamente conciso nel rispondere a quesiti sulle possibili vie di uscita dallo stato di depressione del mercato. Non dico nulla di nuovo se ricordo che il nostro mercato ha dimostrato di essere più solido e forse più serio di molti altri.
Così come siamo tutti d’accordo sul fatto che un ritorno con i piedi a terra era opportuno e salutare, dopo troppi anni di eccessi e di superficialità nell’impiego delle (allora) abbondanti disponibilità finanziarie.
Ogni azienda ha fatto e sta facendo le cose che ritiene piu’ giuste per resistere e per prepararsi ad un futuro meno frizzante. Alcune scompariranno e quasi tutte dovranno mutarsi per adattarsi alla nuova era, sicuramente più sobria e selettiva.
Per quanto riguarda le “cose da fare” in Italia, siamo sempre piu’ o meno allo stesso punto e mi sentirei, pertanto, di raccomandare le seguenti azioni prioritarie (che verranno buone anche per i nostri nipoti, stante la lucidità della nostra classe dirigente):
1) abbandonare le logiche di mera speculazione a breve termine (che poi paradossalmente diventa a lunghissimo termine per la voglia di seguire le piu’ immaginifiche scorciatoie);
2) Intraprendere processi di sviluppo della infrastruttura immobiliare che la rendano funzionale allo sviluppo del paese;
3) emanare leggi nazionali di settore più stringenti, semplici e chiare; senza eccesso di riformismo;
4) Emanare leggi regionali di settore rispettose delle autonomie locali ma rese più omogenee (ed intuitive) dalla normativa nazionale;
5) Dotare gli uffici tecnici dei Comuni maggiori di importanti risorse tecniche ed umane (anche facendone pagare ai privati i servizi) per aumentarne la autorità, la autorevolezza e la velocità di elaborazione delle pratiche;
6) Sfruttare la passione tutta italica per il mattone per creare ricchezza diffusa e per migliorare la parte antropizzata del territorio; superando la dialettica repressione/liberismo che nulla ha che fare con un settore così utile, così amato e così potenzialmente costruttivo/distruttivo di benessere;
7) Obbligare per norma gli Istituti di Credito a dotarsi di strutture tecniche interne di selezione e di valutazione delle iniziative private. Sarebbe meglio non prestare più le (ora scarse) risorse finanziarie disponibili sulla base di premesse del tipo: “…non sono un esperto di immobili, ma…”;
Tutto il resto verrà da sè, grazie alla fantasia ed alla libera iniziativa di imprese ed amministrazioni locali. Credito permettendo!
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Tratti da “www.italiarealestate.it” o “EIRE Forum”