E’ molto bello parlare di critica costruttiva e di commenti positivi sul posto di lavoro, meno bello è affrontare il problema della chiarezza dei rapporti tra colleghi che spesso è una chiarezza più di facciata che non di pratica lavorativa.
PICCOLE STORIE IPOCRITE DEL MICROCOSMO QUOTIDIANO
Gli assiomi della comunicazione ci dicono che affinché una comunicazione sia perfettamente comprensibile e priva di fraintendimenti si deve seguire la regola delle tre “C”: ossia la comunicazione deve essere Chiara, Concisa e Concreta.
Ma è proprio sulla Chiarezza che ci andiamo a soffermare un attimo infatti, cosa significa Chiara?
La chiarezza espositiva si riferisce all’ abilità di rendere un messaggio in modo limpido ed inequivocabile, decisamente sincero anche se non necessariamente condivisibile. Spesso però, proprio sulla chiarezza, le persone partono dal presupposto di dover fare outing rispetto a tutto ciò che accade, che succede, che le circonda, nel bene e nel male, senza considerare che il posto di lavoro non è necessariamente assimilabile allo studio dello psicologo di famiglia.
E allora si dà il via a tutto ciò di cui si può ridire, nel bene e nel male; da come è stata posizionata una cassetta, alla qualità del caffè della macchinetta fino all’ultima circolare sugli straordinari…
Certo, finché si parla di cose personali è un conto, ma quando ci si addentra nei meandri delle scelte lavorative, l’outing rischia di diventare pura polemica, una ricerca di consenso a tutti i costi dettata dall’ incapacità personale di procurarselo attraverso capacità pratiche.
Ecco allora che la foga della polemica a tutti i costi (ben descritta da una canzone di Davide Van De Sfroos, che deride il “villano” medio come colui che […] passa la vita à pisà cuntra al vent, perché l’impurtatn l’è mai ves cuntent […] – [passano la vita a pisciare contro il vento perché l’importante è non essere mai contenti […]), diventa motivo di argomentazione quotidiana, e si diffonde tra il personale come un virus, con l’appoggio anche di chi, in perfetta buona fede, si sente solo in dovere di accondiscendere per far passare meglio il tempo.
Buona fede che però rischia di essere fraintesa come appoggio contro il capro espiatorio del momento.
E spesso la mano di chi ti nutre viene indicata come capro espiatorio ideale di tutti i peccati del mondo, o peggio ancora, il vero nemico da combattere e contro il quale schierarsi compatti e uniti sempre e comunque.
In un ambiente di questo tipo diventa difficile trovare quel giusto equilibrio che venga percepito come armonia lavorativa, con conseguente danno sulla clientela prima, sui fatturati poi, e più in generale verso quell’azienda che, malgrado tutti i suoi investimenti in formazione, si trova a dover fare delle scelte economiche e a ridurre conseguentemente il personale.
Una bella strategia, quella del pettegolezzo: oltre all’inutilità dello spreco del fiato, anche la conseguenza estrema della riduzione dei posti di lavoro, in un momento in cui già la situazione internazionale non è delle più rosee…. Ma per fortuna lavoriamo con persone intelligenti e molto attente a non cadere nei trabocchetti linguistici di pochi lavoratori demotivati e poco volenterosi: o no?
Silvia Bernardini