“La crisi che ha colpito il commercio mondiale a partire dai mesi finali del 2008, per l’entità del crollo degli scambi, la velocità con cui si è realizzata e la sua ampia diffusione, non trova precedenti nella storia economica recente”. (a cura di Federico Rossi)
Con questa lapidaria ma ormai scontata riflessione si apre un documento di ICE e Prometeia presentato nei giorni scorsi a Roma. In effetti il crollo della domanda nei mercati avanzati, le forti restrizioni creditizie di quasi la totalità dei paesi, la crisi del settore auto e l’ormai elevato ed avanzato grado d’integrazione tra le diverse economie mondiali, sono tra i fattori che hanno determinato questo crollo verticale ed improvviso.
A consuntivo del 2009, sempre lo stesso documento, stima una contrazione degli scambi mondiali di circa il 16,6% mentre a livello geografico le aree piu’ colpite sono risultate essere l’Europa Centro Orientale ed il NAFTA. Una certa tenuta invece si è avuta nell’emisfero austral, nei paesi della sponda meridionale del mediterraneo e del Golfo.
In Italia relativamente ai settori quelli meno influenzati sono stati proprio quelli meno internazionalizzati quali ad esempio quelli tipici del “Made in Italy”.
Da circa un semestre, pero’, gli interscambi internazionali stanno riprendendo ma per le imprese italiane sembra comunque che stiano emergendo delle difficoltà nel cogliere queste nuove opportunità. Questa inattesa novità colpisce, contrariamente a quanto detto sinora, maggiormente il “Made in Italy”, con esclusione dell’alimentare e questo per questa serie di motivi: la forte contrazione della domanda su quei mercati che avevano costituito un’alternativa allo sbocco delle nostre merci (cfr Russia) e la significativa diminuzione della capacità di spesa dei ceti medi costretti a rimandare gli acquisti meno necessari.
A fronte di questo scenario e di un commercio mondiale visto in ripresa con tassi attorno al 6% nel prossimo biennio, si stima che la ripresa italiana non possa superare il 3%: questa considerazione porta a stimare un livello di uscita dell’economia nazionale a fine 2011 comunque inferiore ai valori storici registrati nel corso del 2008!
Andando a fare uno spaccato settoriale delle aree maggiormente interessate alla ripresa ci viene indicata una buona prospettiva di recupero per il farmaceutico, l’elettronica, i mezzi di trasporto e la metallurgia mentre fanalini di coda si stima restino i beni di consumo e quelli legati al mondo delle costruzioni, penalizzati da una strutturale minor ciclicità della domanda.
Da ultimo per le nostre aziende potrebbe essere un fattore aggravante la scarsa capacità di reperimento autonomo delle risorse finanziarie e non per affrontare le condizioni particolarmente sfidanti del prossimo biennio. Appare quindi indispensabile e non piu’ procrastinabile l’adozione di tutte le misure volte a sostenere da subito la competitività delle imprese di successo adottando invece, ove necessario, riconversioni strategiche (geografiche, settoriali, strutturali e dei processi produttivi) per quelle piu’ fragili.