PILLOLE DI DIRITTO COSTITUZIONALE
Cronache dall’Italia: il Paese al mondo con il più alto numero di sistemi elettorali adottati
Articolo precedente: “Proporzionale o maggioritario?” pubblicato il 27.01.2021
L’Italia è forse il Paese che ha cambiato più sistemi elettorali di tutti. Generalmente, infatti, ogni Stato ha il suo sistema caratteristico che non cambia quasi mai. Gli Stati Uniti hanno lo stesso sistema dal 1776, il Regno Unito da tempo così immemore che non si sa neanche da quando, mentre la Francia dal 1956 e la Germania dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Noi, invece, lo abbiamo cambiato circa una decina di volte (ma forse anche di più) nel giro di centosessant’anni di storia.
Senza entrare nel dettaglio dei sistemi elettorali del periodo monarchico (si ricorda solamente la legge Acerbo, proporzionale con un premio di maggioranza esagerato che ha permesso l’istaurarsi della dittatura), ecco qui una breve analisi di quelli che hanno coinvolto l’Italia dal 1948 ad oggi.
La prima legge in proposito è stata prodotta direttamente dall’Assemblea Costituente in vista delle prime elezioni repubblicane del 1948: un proporzionale puro con soglia di sbarramento del 3%. Questa legge – eccettuando la tristemente famosa parentesi della legge truffa del 1953 che prevedeva un premio di maggioranza, poi abolita nel 1956 per protesta dei comunisti – è rimasta in vigore fino al 1993. In quell’anno, sull’onda degli scandali di Tangentopoli e in seguito ai processi-spettacolo di Mani Pulite (che ha eliminato l’unica cosa che c’era di positivo nella classe politica italiana, ovvero la serietà), si tenne un referendum con cui il popolo italiano abrogò questa legge che aveva ridotto l’Italia ad un sistema frammentato, corrotto e fortemente partitocratico.
Le elezioni del 1994, quindi, si tennero attraverso un sistema elettorale promiscuo, che prevedeva l’elezione del 75% dei parlamentari con il maggioritario, mentre il restante veniva regolato con il proporzionale con sbarramento del 4%. Questa legge, denominata Mattarellum dal nome dell’attuale Presidente della Repubblica che la formulò, è stata detta anche legge Minotauro o legge all’italiana proprio a causa di questa sua ambiguità. Nonostante tutto, però, c’è da riconoscere che è stata la legge migliore – o comunque la meno peggio – di tutte quelle che sono seguite. Sotto la sua egida, infatti, sono nati i governi più lunghi e stabili della storia repubblicana.
Nel 2005, però, la maggioranza di governo (Berlusconi ter, FI-LN-AN-UDC), su proposta dell’On. Calderoli della Lega, fece approvare quella che poi è stata definita Porcellum a causa del suo contenuto ambiguo e confusionario. Questa legge, infatti, era un proporzionale con la previsione di un forte premio di maggioranza per garantire la governabilità, che si pose l’obiettivo di incentivare i partiti a riunirsi in coalizioni. Si basava sul sistema delle liste bloccate, per cui i cittadini non potevano esprimere la loro preferenza sui candidati e prevedeva uno sbarramento al 4% per i partiti e del 10% per le coalizioni.
Questo sistema è andato abbastanza bene in forza di un partitismo bipolare in cui c’erano due coalizioni che si contendevano la guida del Paese. Però, nel 2013 è accaduto un fatto che scombussolò questo sistema: la discesa in campo del Movimento 5 Stelle. Il Porcellum, dunque, andava bene in un bipolarismo, ma si dimostrò completamente inadeguato e ingiusto in un tripartitismo. Il problema era che il premio di maggioranza poteva essere dato ad una coalizione/partito che, complessivamente, aveva comunque ottenuto un basso numero di voti. Per questo, tale legge è stata dichiarata parzialmente incostituzionale dalla sentenza n.1 del 2014 della Coste Costituzionale.
Si è giunti così, nel 2016, all’Italicum: un sistema maggioritario a doppio turno con ballottaggio, proposto da Renzi. Con ciò, se una lista raggiungeva il 40% dei voti, scattava il premio di maggioranza; se tale soglia non veniva raggiunta vi era una previsione di ballottaggio tra le due liste più votate. Però, visto che questo ballottaggio avveniva a livello nazionale e non all’interno dei collegi tra i singoli candidati, anche questa legge fu dichiarata parzialmente incostituzionale dalla sentenza n.35 del 2017 della Corte Costituzionale. Inoltre, si ricorda, essa era prevista solo per la Camera dei Deputati perché il Senato, con la riforma costituzionale Renzi-Boschi, non sarebbe più stato elettivo. Il 4 dicembre 2016, con l’esito negativo del referendum confermativo, il Governo ebbe però una brutta sorpresa e a fine anno fece baracca e burattini.
Nel 2018 bisognava andare ad elezioni: urgeva quindi emanare una nuova legge elettorale nel più breve tempo possibile. Così, con la legge n.165 del 2017, fu approvato il Rosatellum proposto da Ettore Rosato del PD. Le elezioni del 4 marzo 2018 hanno dimostrato a tutti il fatto che si tratta della legge elettorale più pasticciata che sia mai stata scritta e che, tra le altre cose, ha lasciato l’Italia per tre mesi senza un governo. Questa legge, ancora in vigore, è un proporzionale con correzione in senso maggioritario: il 38,6% dei seggi è assegnato col maggioritario e il resto con proporzionale, attraverso soglie di sbarramento del 3% per le liste e del 10% per le coalizioni.
In questo modo, per il 4 marzo 2018 si sono formate delle coalizioni ben precise. Però, alla fine, nessuna di esse è risultata vincitrice e quindi si sono dovute rompere per poter creare dei governi tra partiti che fino al giorno prima si sputavano in faccia. E così abbiamo avuto il governo giallo-verde e poi quello giallo-rosso, dando così al mondo l’esempio più repellente di trasformismo e di voltagabbanismo all’italiana.
E ora che si fa? Visto che con il Rosatellum non si può andare avanti, gli attuali partiti di maggioranza stanno pensando ad un proporzionale puro con soglia di sbarramento del 5%: il c.d. Germanicum. Si profila quindi un ritorno alla prima repubblica con la sua partitocrazia, la sua “democrazia bloccata”, i suoi compromessi storici e la sua corruzione (anche se quella c’è anche con il maggioritario). Il problema, però, è che manca la classe politica della prima repubblica.
Alessandro Frosio