Ieri, venerdì 23 settembre, all’Auditorium di piazza della Libertà, c’è stata l’ultima proiezione di “Piazza Garibaldi”, il film di Davide Ferrario presentato in prima nazionale al festival del Cinema di Venezia nella sezione Controcampo e qui a Bergamo in prima assoluta per il grande pubblico. Il film, scritto dallo stesso Ferrario e da Giorgio Mastrorocco, documenta il viaggio che i due amici hanno percorso sulle orme di Garibaldi, partendo da Bergamo “Città dei Mille”, e attraversando tutto il Sud dell’Italia fino ad arrivare a Teano. Il docu-film vuole però superare la retorica delle celebrazioni di Italia ’61, ricordate con filmati d’epoca, e propone un ritratto spietatamente lucido dell’Italia odierna, specialmente quella meridionale, bella nei suoi paesaggi e nelle sue testimonianze artistiche, ma ancora troppo ferita da incuria, insipienza e malaffare. Qualche voce si stacca dal coro, come quella della giovane di Ciaculli che lotta contro il degrado paesaggistico (il paese è tutto disseminato da discariche a cielo aperto), o quella del parroco di Augusta che denuncia gli effetti cancerogeni dell’inquinamento (la cittadina venne trasformata negli anni Cinquanta da tranquillo porto peschereccio a polo petrolchimico dell’isola), o quella dello scrittore di Casal di Principe che identifica il male secolare del Sud nel prevalere del “privato” sul “pubblico”, dove privato significa proprio privare la comunità di beni e valori comuni… Ma sono voci isolate, urlanti nel deserto… E ancor più cupe sono le voci dei grandi del passato, che parlano attraverso Luciana Litizzetto, Filippo Timi e Marco Paolini, descrivendo il popolo italiano come “cinico” (Leopardi), “inossidabile” (Savinio), “fratricida” (Saba). Già, perché la nostra storia parte da Romolo e Remo e si srotola attraverso guerre civili, lotte comunali, risorgimento e brigantaggio (che fu un’altra guerra civile…). Insomma, il film lascia poco spazio alla speranza di una ripartenza…
Il regista Ferrario nel suo docufilm cerca di evidenziare le differenze tra la gioventù nel periodo garibaldino e la gioventù odierna: 20enni che all’epoca avrebbero fatto di tutto per la propria patria e ragazzi di oggi che si preoccupano solamente, se intervistati, della loro telegenia o che dichiarano di non sapere neppure chi sia Garibaldi. D’altra parte nel film intervengono anche persone molto preparate, che regalano al pubblico nozioni singolari: chi legge Saba e la sua idea degli Italiani, chi illustra il proprio museo del Risorgimento, chi parla con orgoglio dei propri antenati garibaldini. La differenza tra Nord e Sud è notevole: al Nord le persone sono tutte felici e le città pulite ( le mura di Bergamo tappezzate da bandiere italiane regalano una vista bellissima) mentre al Sud prevalgono immagini di povertà e di degrado, e le persone intervistate si lamentano soprattutto della situazione in cui vivono. Nel complesso il film è ben riuscito: il regista ha centrato l’obiettivo, poiché il messaggio che voleva mandare sulla differenza tra passato e presente è stata ricevuta forte e chiara! (Giovanni Pezzotta)
A 150 anni dalla Spedizione dei Mille Davide Ferrario decide di produrre un documentario ripercorrendo l’itinerario affrontato dagli uomini di Garibaldi, per verificare cosa è rimasto del senso di quella impresa per la quale, a fine Ottocento, vennero intitolate all’eroe dei due mondi decine di migliaia di vie e di piazze. A partire da Bergamo, città che diede il maggior numero di volontari alla spedizione, si passa poi per Pavia, patria, dei fratelli Cairoli che partirono in 4 e non tornarono più a casa. Successivamente si passa da Torino, Genova e Caprera, arrivando poi nelle zone del Sud d’Italia, testimoni della folgorante impresa garibaldina: la Sicilia di Marsala, Calatafimi, Palermo e Milazzo; la Calabria e la Basilicata dei sanguinosi scontri fratricidi posteriori al 1860. Poi si arriva in Campania con Napoli, Castelvolturno e Teano, ma anche col Sannio, l’unico luogo in cui i garibaldini vennero sconfitti da un’insurrezione locale sanfedista. Nel film il regista incontra anche alcuni discendenti dei garibaldini e il racconto dei personaggi e delle loro storie e coinvolge alcuni attori nella lettura di classici della nostra letteratura: da Leopardi a Umberto Saba, da Alberto Savinio a Luciano Branciardi, tutti basati sul “carattere degli Italiani”. Concludendo, il messaggio che questo film trasmette è che gli Italiani del 2011 non vedono un futuro prospero, al contrario di Garibaldi e dei garibaldini che nel 1861 erano animati dalla fiducia e dalla speranza. Così oggi non resta altro che attaccarsi al passato, dubbiosi e paurosi riguardo a quello che accadrà in futuro. (Daniele Goisis)
Piazza Garibaldi è un docu-film molto interessante, ma allo stesso tempo molto preoccupante, in quanto mostra con “spietata verità” (parole del regista) le differenze molto forti tra Settentrione e Meridione e i contrasti tra Padani e gruppi Neo-borbonici, tutti poco contenti di questa Italia unita. Un’altra causa di preoccupazione riguarda il futuro del nostro Stato: in questo momento di crisi l’Italia, insieme alla Grecia e alla Spagna, è il fanalino di coda dell’Europa e la situazione potrebbe peggiorare. L’idea di Ferrario è allora quella di mostrare tutti gli aspetti più negativi del nostro Paese per cercare di spronare il nostro vecchio orgoglio italiano, che abbiamo saputo mostrare all’occorrenza nel corso dei secoli. Il finale si concentra, tuttavia, su un dato inquietante: la nostra crescita demografica è ai minimi storici e tenderà a diminuire nei prossimi decenni… (Alberto Meroni)