PILLOLE DI DIRITTO COSTITUZIONALE
Quorum, maggioranze e tipologie di voto: ecco cosa prevede la Costituzione
Articolo precedente: “Tutti possono diventare parlamentari?”, pubblicato il 17.02.2021
Partiamo da un fatto inoppugnabile: il Parlamento svolge le sue attività attraverso l’approvazione di leggi e con attività di indirizzo politico e di controllo nei confronti dell’esecutivo. Per esercitare queste funzioni essenziali, il 2° e 3° comma dell’art.64 Cost determina alcuni principi in grado di garantire un corretto procedimento parlamentare, dedicando una particolare attenzione al c.d. quorum.
Il quorum strutturale è il numero legale per la validità delle sedute, che è fissato nella metà più uno dei componenti della Camera. Se non sussiste questo numero minimo, allora l’assemblea viene sciolta o comunque non può approvare alcun tipo di delibera. A tal proposito qualcuno potrebbe obiettare che non è raro vedere le aule semivuote: solitamente, infatti, se ci sono una cinquantina di presenti è già tanto. D’altronde, essendo i dipendenti pubblici d’eccellenza, sarebbe quasi un gesto di incoerenza da parte dei parlamentari andare al lavoro tutti i giorni.
Questo succede perché ci si avvale del principio della presunzione del numero legale : se nessuno richiede alla Presidenza della camera il conteggio dei presenti certificando l’assenza del numero legale, si ritiene che la seduta sia valida. Per assurdo, se un giorno in aula c’è solo un parlamentare e quel singolo parlamentare non chiede il conteggio, la seduta non viene sciolta.
Il quorum funzionale, invece, consiste nella maggioranza necessaria che serve per approvare un provvedimento. Tale quorum deliberativo, però, non è sempre uguale: a seconda dell’importanza della delibera la Costituzione prevede diverse tipologie di maggioranza.
Quella più comune è la maggioranza semplice, adottata per un vasto numero di materie, con cui un atto viene approvato con la maggioranza dei voti favorevoli dei presenti in aula. Con la maggioranza assoluta, invece, è richiesto il parere favorevole della maggioranza dei votanti, ovvero del 50%+1 dei componenti della camera. Tutti coloro che sono assenti il giorno delle votazioni, quindi, si ritengono di parere contrario.
Con la locuzione maggioranza qualificata, invece, si indicano tutte quelle maggioranze che richiedono un quorum funzionale superiore alla maggioranza assoluta. Generalmente, per atti rilevanti, si richiede il consenso dei 2/3 dei membri del Parlamento, come per esempio nei primi due scrutini per l’elezione del Presidente della Repubblica o per approvare modifiche ai regolamenti parlamentari.
Ma come deve essere questo voto? Come si gestisce la trasparenza delle sedute?
Generalmente, salvo che il Parlamento non decida di riunirsi segretamente, le sedute sono pubbliche e chiunque vi può assistere. La Costituzione, però, non è molto chiara su quali modalità di votazione devono essere adottate dai parlamentari e quindi, per fare luce su questo aspetto così importante, sono intervenuti i regolamenti parlamentari che prevedono due tipologie di voto: il voto palese e quello segreto.
Il voto palese è quello più usato perché comporta un’assunzione di responsabilità politica per il deputato che vota: con questo sistema, si ha il vantaggio che la cittadinanza può sempre verificare il parere dei propri rappresentanti, ma ha lo svantaggio che rischia di vincolare eccessivamente gli stessi ai voleri dei propri partiti. La Costituzione obbliga il Parlamento a votare palesemente solamente per il voto di fiducia e sfiducia del Governo: essere nella maggioranza o all’opposizione, si conviene, non è proprio la stessa cosa.
Il voto segreto, invece, favorisce la libertà del parlamentare che può votare senza avere nessuno che gli fiati sul collo, ma non garantisce la trasparenza delle informazioni nei confronti dei cittadini e favorisce il fenomeno dei c.d. franchi tiratori. A mio parere, però, essere franchi tiratori non può essere una colpa. Anzi, è un atto di responsabilità con cui un parlamentare decide di votare secondo la propria testa e non secondo quella del segretario del partito. Ma, ovviamente, non tutti la pensano come me.
I regolamenti parlamentari in vigore, scritti negli anni ’80, prevedono che il voto palese sia la regola e quello segreto l’eccezione. Il voto segreto, quindi, può essere adottato solo se richiesto dalla maggioranza dei votanti ed è sempre previsto in caso di votazioni su singole persone (es. elezioni del Presidente della Repubblica o la messa in stato d’accusa di un parlamentare), per le riforme costituzionali e leggi analoghe (es. legge elettorale) e le modifiche dei regolamenti parlamentari. Il voto palese, invece, è tassativo anche per le leggi in materia finanziaria e per le leggi di bilancio.
Alessandro Frosio