Festa del Corpus Domini
Dal Vangelo secondo Luca, 9, 11-17.
In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure.
Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintorni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta».
Gesù disse loro: «Voi stessi date loro da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». C’erano infatti circa cinquemila uomini.
Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti.
Egli prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli perché li distribuissero alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodici ceste.
Commento
La moltiplicazione dei pani ha un significato eucaristico. In Luca è particolarmente evidente per la connotazione cronologica del “giorno che cominciava a declinare”. Proprio al declinare del giorno di Pasqua Gesù risorto appare ai due discepoli di Emmaus e spezza il pane per loro, dopo aver spiegato le Scritture. Gesù celebra la prima eucarestia per la Chiesa, dopo averla istituita nell’ultima Cena con gli apostoli.
Il sopraggiungere della sera si ricollega alla vicenda della nostra vita, che declina verso la sera definitiva della nostra morte. Il riposo notturno è sempre stato simbolo del sonno della morte, che non conosce risveglio. La morte pone il problema angoscioso della perdita di tutto ciò su cui si è costruita la vita: con la morte perdiamo tutto e non si salva proprio niente? Questa consapevolezza cresce con l’età e rende evidente l’illusione che tutto possa ricominciare da capo, che ad una notte succeda sempre una nuova aurora. La paura della morte viene esorcizzata dal cullarci in questa fatale illusione, che non ci permette di guardare in faccia la realtà!
L’Eucarestia si pone proprio in questo contesto. Gesù l’ha istituita in una sera, alla vigilia di essere arrestato e condannato a morte. Percependo quello che lo attendeva Egli avrebbe dovuto cedere alla disperazione, perchè la sua missione andava incontro ad un fallimento. Invece Egli crede che la sua vita non è stata inutile, perchè compiuta in obbedienza di amore verso il Padre e a favore degli uomini. Ha predicato e testimoniato la Parola di Verità. Anzi nella morte imminente la sua vita trova il supremo compimento, perchè il morire è riscattato dall’amore. Tutta la vita e l’opera di Gesù non può ricadere nel nulla, non è pensabile come vanità che svanisce. Alla fiducia di Gesù, che spirando affida la sua vita al Padre, risponde l’evento della risurrezione che manifesta la perennità della sua esperienza umana. Essa è destinata a rimanere per sempre, oltre i confini della morte. Per questo Gesù comanda ai discepoli di fare memoria per sempre del suo corpo, perchè è eterno e pur morendo non è sottoposto alla morte.
Quando noi parliamo di Corpo e Sangue di Cristo dobbiamo intendere queste parole nel senso originario. In ebraico corpo e sangue indicano l’umanità di Gesù, l’insieme della sua vicenda terrena, che dopo aver toccato l’abisso della morte in croce, è stata innalzata alla gloria del cielo. Nell’Eucarestia è presente l’umanità di Gesù trasfigurata in una dimensione eterna, quindi sottratta alla vanità ed all’illusione. Ad essa siamo chiamati ad unirci per vivere un’esperienza analoga di amore e dare una connotazione di eternità al nostro vivere. Ci uniamo all’umanità immortale di Gesù per seguirne sua via e partecipare alla perfezione eterna. La celebrazione dell’Eucarestia è davvero fonte di speranza e di impegno nella vita, il rimedio all’angoscia di perdere tutto e di finire nel nulla.