DOMENICA XIV ANNO B
Dal Vangelo secondo Marco 6, 1-6.
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono.
Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando.
Commento
Siamo alla fine della prima parte del ministero di Gesù in Galilea, costituito da due componenti: l’insegnamento riguardante la venuta del Regno di Dio e la potente azione taumaturgica e di esorcismo. Esse inducono tutti a interrogarsi sulla sua identità: chi è, da dove viene? Vi sono reazioni diverse: di totale fiducia, esemplificata dalla emorroissa e da Giairo, il capo della sinagoga di Cafarnao a cui Gesù fa ritornare in vita la figlioletta; desiderio di approfittare delle sue capacità taumaturgiche, senza porsi problemi, come i cittadini di Cafarnao; l’ostilità della popolazione pagana di Gerasa, che vede in Gesù una presenza magica pericolosa ed inopportuna; l’ostilità dell’autorità politica, rappresentata da Erode Antipa, che governa come Tetrarca la Galilea a none dei Romani; la condanna dell’autorità religiosa dei farisei e degli scribi venuti da Gerusalemme, che lo ritengono un indemoniato. Erodiani e farisei complottano per la sua morte.
E i suoi parenti? Gli evangelisti non nascondono che erano contrari. Marco ci dice che fin dai primi tempi erano partiti da Nazaret per andare a Cafarnao, di cui Gesù aveva fatto il centro della sua attività, per riportarlo a casa, perchè dicevano che “era fuori di sè”, cioè ritenevano le sue scelte discutibili e pericolose. Gesù si era naturalmente rifiutato di seguirli, affermando che non aveva più bisogno di loro. Si era fatto una nuova famiglia, formata dai discepoli e da coloro che “compiono la volontà di Dio”, cioè che custodiscono nel loro il seme della parola di Dio, annunciata da Gesù e la fanno fruttificare [Marco, 3,21; 31-35].
Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù che, dopo il miracolo della figlia di Giairo, ritorna a Nazaret, non perchè ha rinunciato alla sua missione e riprendere il mestiere di falegname come volevano i suoi parenti. Anzi egli viene con la sua nuova famiglia, i discepoli, per predicare la buona novella del Regno ai suoi compaesani parlando loro il giorno di sabato nella Sinagoga. Anch’essi vengono posti davanti alla domanda che tutti i suoi ascoltatori si sono fatta: chi è? da dove gli vengono tanta sapienza e tanta potenza miracolosa? La sorpresa iniziale non aiuta a riconoscere nel loro compaesa un profeta. Essi lo hanno visto crescere, sanno che la famiglia non è d’accordo con Lui. Questa vicinanza fa evolvere l’iniziale meraviglia in un scetticismo incredulo e sprezzante. Gesù se ne meraviglia ed a causa di questa incredulità non compie alcun miracolo. Questo dice dello stile di Gesù, la cui azione potente di salvezza può agire solo se abbiamo totale fiducia in Lui, come mostra il duplice miracolo di Giairo e della donna afflitta da emorragie. L’incontro con i compaesani e i familiari finisce in una rottura drammatica, Gesù nel suo paese non è accolto come il Salvatore.
Questo pone un quesito anche a noi cristiani di oggi: assuefatti ad una pratica religiosa forse più esteriore che interiore, siamo chiamati ad interrogarci sulla nostra fede. Siamo opportunisti come gli abitanti di Cafarnao che vedono in Gesù il distributore di grazie; riteniamo inutile se non pericoloso il Vangelo come gli abitanti di Gerasa che supplicano Gesù di allontanarsi dal loro territorio; oppure vogliamo essere suoi fedeli discepoli, preoccupati di compiere la volontà di Dio e di essere liberati dal male per un totale rinnovamento interiore. La volontà di Dio esige la trasformazione del nostro rapporto con Dio Padre nel sentirci amati come figli, uniti a Gesù come fratelli e vivificati dal suo Spirito di Amore che infonde in noi lo spirito delle beatitudini. Per questo è necessaria la fede e l’abbandono totale senza i quali Gesù non può operare miracoli.