Ricettazione, riciclaggio, delitti informatici, trattamento illecito di dati, omicidio colposo e lesioni colpose con violazione delle norme antinfortunistiche. Reati diffusi in Italia, commessi a proprio vantaggio dagli amministratori o dai dipendenti di un’azienda. Alcuni, come nel caso della Thyssen di Torino, causa di tante di vite stroncate. In tutti questi casi le aziende possono essere chiamate a rispondere in sede penale, come stabilito dal decreto legislativo 231 del 2001.
Ma esiste uno strumento per prevenire questi reati: è il cosiddetto Modello 231, un sistema interno a un’organizzazione, che fornisce all’azienda il beneficio di chiedere l’esclusione o la limitazione della propria responsabilità. La legge prevede che l’organo indipendente e autonomo che vigila e controlla l’osservanza e l’efficacia del Modello adottato, valutando la sua effettiva capacità preventiva dei reati, sia l’Organismo di Vigilanza che può essere, a seconda delle dimensioni dell’azienda, monocratico o collegiale.
Del suo ruolo, degli impatti sugli equilibri aziendali e delle conseguenze giudiziarie del suo operato se ne è parlato oggi, in occasione di un evento formativo gratuito promosso dall’Ordine dei Commercialisti di Bergamo, che ha visto protagonisti nomi di spicco del mondo finanziario e giudiziario del nostro territorio.
A dare drammatica attualità alla discussione è stato Vittorio Masia, Presidente della prima sezione penale e della prima Corte d’assise al Tribunale di Brescia, che ha affrontato anche il caso della Thyssen di Torino, il cui amministratore delegato è stato condannato a sedici anni e sei mesi di reclusione per omicidio volontario, mentre altri cinque dirigenti sono stati condannati per cooperazione in omicidio colposo. Ai fini della Responsabilità Amministrativa sancita con il decreto legislativo 231 del 2001, anche la società è stata condannata al pagamento della sanzione di un milione di euro, all’esclusione da agevolazioni e sussidi pubblici per sei mesi, al divieto di pubblicizzare i prodotti per sei mesi e alla confisca di ottocentomila euro, con la pubblicazione della sentenza sui quotidiani nazionali. Una condanna storica, alla quale si sono aggiunti risarcimenti a sei zeri per le parti civili.
“La sentenza del tribunale di Torino sul caso Thyssen ha messo in drammatica evidenza le caratteristiche fondamentali che ogni Organismo di Vigilanza deve avere – ha spiegato Franco Serafini, Presidente della Commissione “Collegio sindacale, revisione e principi contabili” e coordinatore del corso -. Quest’organo deve essere dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, inesistenti nel caso dell’azienda torinese, perché il membro deputato a vigilare sull’adozione del modello in materia antinfortunistica era lo stesso dirigente del settore ecologia, ambiente e sicurezza. L’ingegnere in questione, in quanto membro dell’organo di vigilanza, doveva quindi controllare il suo stesso operato. Un controsenso, che ha generato un’insufficiente operato da parte dell’organismo e ha portato il Tribunale di Torino a una condanna storica”.
Nel corso del convegno sono stati presi in considerazione alcuni casi concreti di Modelli 231, dando indicazioni utili sulla loro stesura, grazie al contributo presentato da Lorenzo Pascali. Il colonnello Maurizio Cintura, comandante del Gruppo Tutela Spesa Pubblica del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano, ha invece illustrato i vantaggi per le aziende che adottano un Modello 231 in caso di accertamento tributario, mentre Daniele Gervasio, docente all’Università di Bergamo, ha spiegato quale potrebbe essere la composizione ottimale dell’Organismo di vigilanza e perché per le aziende l’adozione del Modello è creazione di valore.
“Creare modelli organizzativi “di facciata”, senza vedere in questi alcuna utilità diretta sul piano gestionale e strategico, è inutile e rischioso, come ci insegna il caso della Thyssen – ha spiegato Alberto Carrara, presidente dell’Ordine dei Commercialisti di Bergamo -. Abbiamo organizzato questo corso per far comprendere ai nostri iscritti che gli obblighi legislativi vanno visti in un’ottica nuova, come strumenti per creare modelli organizzativi efficaci, che consentano di gestire in modo puntuale qualsiasi forma di rischio, offrendo all’imprenditore, ai soci e alla governance aziendale strumenti preziosi per monitorare l’attività dell’impresa”. Un’esigenza confermata anche dal dibattito finale, moderato da Mario Locatelli , Membro della Commissione “Collegio sindacale, revisione e principi contabili dell’Ordine che ha messo a fuoco i riflessi del decreto 231 sul Collegio Sindacale e sull’Organismo di Vigilanza, evidenziando il ruolo del Collegio Sindacale in alcune situazioni, illustrando il ruolo del commercialista quando siede nel Collegio Sindacale e contestualmente e nell’Organismo di Vigilanza.