I DOMENICA AVVENTO ANNO B
Marco, 13, 33-37.
In quel tempo Gesù disse: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Commento
L’evangelista Marco ricorda l’insegnamento di Gesù riguardo alla vita umana, la quale è un’attesa vigile e responsabile della venuta di Colui al quale apparteniamo e che ci ha donato dei beni da amministrare. La consapevolezza di questa dimensione – non apparteniamo a noi stessi, siamo in un atteggiamento di attesa – contrasta con il dato del nostro tempo, che ci persuade costantemente a considerarci nostra esclusiva proprietà, autosufficienti e a ritenere questa vita l’unica realtà definitiva. Questa emancipazione da ogni forma di dipendenza genera uno squilibrio che priva l’uomo del suo baricentro, perchè l’autosufficienza è un’illusione, dato che sperimentiamo costantemente la fragilità e il bisogno assoluto di appoggiarsi a qualcuno o a qualcosa. Si crea uno squilibrio che genera disordine, come nella parabola insegnata da Gesù: l’amministratore, che credendosi il padrone, ritiene di fare quello che vuole; il vero padrone al suo ritorno lo sorprenderà, trovando la casa incostudita e non ordinata.
Avvertire che siamo di un Altro, fonda la nostra responsabilità, il dovere verso gli altri. La radice del male è il senso di onnipotenza, falso perchè purtroppo non tardano a giungere le difficoltà e i drammi. Se si perde la concezione di essere nelle mani di Dio, la disperazione può portare al suicidio, per farla finita. Ascoltavo in questi giorni un’interessante intervista fatta ad uno studioso circa la recrudescenza degli omicidi passionali, sempre più frequenti, femminicidi. E’ di moda la definizione “inaccettabili”. L’intervistato faceva notare invece che la loro frequenza rivela l’incapacità di valutare l’effettivo peso delle difficoltà, alle quali si reagisce in maniera sproporzionata. Vi è un difetto di equilibrio e di autocontrollo, che porta a gesti estremi. Siamo diventati incapaci di paziente sopportazione e perdiamo subito la speranza, come se tutto il mondo ci cadesse addosso. Incapaci di accettare la sofferenza, ci vendichiamo facendo soffrire gli altri.
Perciò è fondamentale il senso religioso, il saper adorare, il sapere che sono nelle mani di Uno che è più grande di me. Il grande principio della creazione che fonda una dipendenza responsabile, è anche motivo di consolazione, perchè mi induce alla fiducia. Sono certo di non essere lasciato solo, c’è Qualcuno che mi accompagna, guida i miei passi e soffre con me e per me, come fa il papà con il suo piccolo che tiene per mano. Questo paragone è usato dalla Bibbia.
Dio è un padre che incoraggia e perdona, pronto a ricominciare da capo la sua avventura con l’uomo. Dio è pronto ad offrirci nuove chances; anche un insuccesso, uno sbaglio, un peccato può essere da Lui cambiato in bene. Invece che farla finita e provare l’amaro gusto della vendetta, come il femminicida il credente trova un motivo di speranza. La speranza oggi è la grande assente …