VI Domenica di Pasqua Anno C
Vangelo: Giovanni 14,23-29
In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto.
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».
Commento
Il brano evangelico parla dell’inabitazione delle persone divine – Padre, Figlio e Spirito Santo – nel cuore di ogni uomo grazie alla custodia fedele della parola di Gesù, alla sua interiorizzazione e allo sforzo costante di approfondirla e di metterla in pratica. In questo sforzo il singolo è sostenuto dalla presenza dello Spirito Santo, che, mandato da Gesù, aiuta a penetrarla. Queste considerazioni hanno trovato ripetute conferme nel corso dei secoli attraverso l’esperienza di tanti cristiani che si sono impegnati in questo cammino. Ricorro all’esperienza di don Luigi Palazzolo [1827-1886] canonizzato lo scorso 15 maggio. Di famiglia ricca ed abitante in una casa signorile di via XX Settembre in città, fin dalla giovinezza si impegnò per aiutare la massa di popolazione povera del Borgo S. Alessandro. Grande era il numero dei ragazzi abbandonati dalle famiglie per indigenza o per la morte dei genitori. Rimasto unico erede, il Palazzolo si privò progressivamente di tutti i suoi beni per impiegarli in opere di aiuto materiale e morale ai ragazzi/e bisognosi. Abbandonò la casa paterna, per vivere in una modesta abitazione, ma conservava ancora cospicui retaggi del suo patrimonio, finchè arrivò alla decisione di rinunciare a tutto. Il passo decisivo fu compiuto durante gli esercizi spirituali fatti a Roma alla fine di giugno del 1869. Siamo davanti ad una intensa esperienza spirituale, suscitata dallo Spirito Santo, che rappresentò la svolta decisiva del suo impegno sacerdotale. Riporto le sue stesse parole:
“Non so se nella S. Messa o nella meditazione mi si presentò alla mente che Gesù morì ignudo sulla croce e sentii il desiderio di povertà e di abbandonare tutto … Con la grazia di Dio [lo Spirito Santo]mi sentii di fare l’offerta di me con grande generosità, disposto, se Gesù mi elegge, a servirlo nella povertà e nel disprezzo. Ho avuto anche lacrime”.
Il dono delle lacrime è un dono dello Spirito Santo, segno di una commozione profonda e suprema che investe interamente lo spirito. Riporto il bellissimo testo, in cui il Palazzolo descrive i contenuti della sua contemplazione del Crocifisso:
Signore Gesù, ti contempli lì, ignudo sulla croce. E mi chiedo:
chi è costui che pende dalla croce? Perchè, per chi?
Sei Tu, il Figlio di Dio, consegnato al Padre per la nostra salvezza.
Se lì su quel legno, inchiodato per amore, e proprio perchè ami me!
Davvero Gesù tu sei l’INFINITAMENTE AMABILE, Gesù, pietoso, Gesù di misericordia.
Gesù veramente innamorato degli uomini! Sei un Dio Pazzo di Amore per noi!
Chi alla vista di Te, o Dio Crocifisso, può resistere a non amarti?
COSA ALLORA IO POTREI NEGARTI? NULLA. NULLA, NULLA!
La commozione per essere oggetto di un Amore Infinito ed immeritato, quale si rivela sulla Croce, suscita un atteggiamento di riconoscenza, che rimane pur sempre inadeguato. Ha per oggetto Dio e contemporaneamente i fratelli, tutti oggetto del suo AMORE INFINITO.
Questa è l’atto di fede autenticamente cristiaoa, atto in cui l’uomo compie l’esperienza suprema di Amore, cioè amare ed essere amato. In questo consiste la sua SALVEZZA; da questo scaturisce la vera PACE, la pienezza di vita.