DOMENICA XXXIV TEMPO ORDINARIO
FESTA DI CRISTO RE
Vangelo (Lc 23,35-43)
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo Gesù diceva: « Padre, perdonali perchè non sanno quello che fanno ». 35Il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». 39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
Commento
La XXXIV domenica del tempo ordinario è l’ultima del calendario liturgico. Dopo aver celebrato le grandi solennità del Natale, della Pasqua e della Pentecoste, la Chiesa, dopo le domeniche del tempo ordinario, è pronta ad iniziare un nuovo ciclo celebrativo con le 4 domeniche di Avvento che introducono al Natale. Prima che questo inizi, nell’ultima domenica viene celebrata la solennità di Cristo Re. La Regalità implica una corona, un trono e una vittoria. Il Vangelo di oggi ci presenta tutti e tre questi elementi, ma in modo del tutto singolare.
La corona è quella di spine che i soldati hanno intrecciato sul capo del condannato a morte. Il trono è quella della croce. La vittoria è nelle parole di perdono: «Padre, perdonali perchè non sanno quello che fanno» (Luca, 23,34) e nella piena accettazione della morte, non raccogliendo la sfida dei suoi avversari che lo deridono invitandolo a salvarsi. Si tratta in effetti di una vittoria molto strana.
Eppure, se andiamo un pò in profondità, ci troviamo dinanzi a una grande vittoria, quella della testimonianza coerente fino alla fine e che non rinuncia alle proprie convinzioni anche a prezzo della vita. Essa trova il suo coronamento nelle parole di perdono, trasformando l’apparente sconfitta della morte in croce con la piena vittoria dell’amore sull’odio e su ogni forma di male. L’atto perdonante di Gesù è tanto più grande se si considera la situazione di estrema sofferenza fisica e morale in cui è avvenuto.
Gesù è vittima innocente di un’ingiusta condanna. L’onorabiltà della sua persona è gravemente calpestata. Sappiamo quanto è difficile sopportare le calunnie e le condanne del tutto immeritate. A Gesù non vengono risparmiate nemmeno nel momento della morte. Muore tra derisioni e insulti.
La sofferenza fisica poi è spaventosa. La conadanna alla crocifissione era un sofisticato marchingegno per far soffrire il condannato il più possibile. Non vi era alcun farmaco che attenuasse il dolore.
In questa condizione umanamente insopportabile, in cui il male fisico e morale si scatena in tutta la sua crudezza, Gesù muore perdonando, senza invocare nessuna vendetta, ma affidando la sua causa al Padre. Gesù compie un atto di perdono totale; più grande e autentico di così non potrebbe essere. In questo atto Gesù è totalmente coinvolto, niente del suo essere vi è sottratto. Tale esperienza lo qualifica per sempre come l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo.
Il perdono non viene pronunciato su un comodo trono, nè in una condizione di superiorità davanti a colpevoli che impauriti invocano misericordia. In tali condizioni un atto di perdono sarebbe stato valido, ma molto meno significativo. Invece Gesù lo compie quando la sofferenza si fa più acuta e insopportabile, nè ricorre a un atto di potenza per eliminarla o ridurla. Se ha saputo perdonare in modo così generoso e in condizioni tanto difficili, allora non c’è peccato che non possa essere perdonato. Tutti i peccati dell’umanità, presenti, passati e futuri vengono rimessi in questo atto..
Gesù è il re vittorioso, la cui bontà, superiore all’odio dei nemici, trionfa di ogni forma di male.
La grandezza morale e la vittoria del Gesù morente è compresa dal ladrone. Egli si trova nella medesima situazione di sofferenza di Gesù, ma, invece di bestemmiare come il suo collega, riconosce che è condannato meritatamente; perciò si affida alla sua misericordia che non manca di soccorrerlo.
Ora riconoscere l’atto di amore supremo di Gesù sulla croce di cui ciascuno di noi è oggetto porta alla conversione riconoscente. Tale riconoscimento è il fondamento del credere e la ragione di una vita nuova. Diceva S. Paolo: «Questa vita la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal. 2,20).