DOMENICA VI DOPO PASQUA ANNO B
Dal Vangelo secondo Giovanni, 15,9-17.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».
Commento
Le espressioni dell’evangelista Giovanni affermano che per osservare i comandamenti bisogna costruire un atteggiamento non superficiale, frutto di salde convinzioni e di buone abitudini, capaci di creare una stato d’animo, una tendenza costante ad operare il bene. L’essere umano è fatto così: solo la creazione di abitudini consente di compiere azioni in maniera continuativa in base ad una logica. L’uomo è fatto di abitudini e pensa secondo le abitudini adottate. Queste possono essere buone o cattive e si chiamano virtù o vizi. Questo ci porta a concludere che le nostre scelte non sono mai casuali, ma dipendono da una serie di fattori spesso subiti passivamente, di cui non sempre siamo coscienti
Il compito più urgente è stabilire il criterio di giudizio che adottiamo per definire la virtù e il vizio, che comporta l’esame della nostra mentalità. Essa è quasi sempre assuefazione al costume corrente e prevalente che noi siamo portati a privilegiare assolvendolo da ogni negatività; atteggiamento riassunto nello slogan “bisogna essere moderni”. Oggi per esempio si evidenzia in tutta la sua importanza e serietà il problema dell’educazione, sottolineato dagli episodi recenti di bullismo. Il tragico consiste nel fatto che non si tratta solo dei minori, ma anche dei maggiorenni, cioè dei genitori. Se i figli fanno i bulli con i loro coetanei, i genitori appoggiano tale condotta, facendo i prepotenti con gli insegnanti che insultano e addirittura picchiano. I pedagogisti odierni ammettono la gravità del fenomeno e sottolineano alcune gravi carenze: mancanza di ideali; la spinta ad essere al centro fin da bambini; la mancata accettazione della propria fragilità. Questi sono i sintomi di una grave malattia, per la cui cura non basta prendere qualche provvedimento, ma viene richiesto un radicale ripensamento delle prassi educative messe in atto nelle famiglie e nelle pubbliche istituzioni. Si tratta di elaborare un metodo educativo, che riesamini tutto e che preveda la rimessa in discussione di abitudini comode e inveterate. Naturalmente occorre rivedere sulla base di quali ideali si educa e a quali di essi si indirizzano i ragazzi. Il passato ne aveva elaborate di proprie, oggi dimenticate. Personalmente rimango molto ammirato dalle intuizioni dei grandi educatori dell’Ottocento come don Bosco e Teresa Verzeri, la grande santa bergamasca dell’Ottocento, che coniugano amorevolezza e senso dell’autorità, ragione e religione. Oggi invece tutte queste componenti sono neglette: c’è solo una falsa amorevolezza, confusa con l’arrendersi indiscriminato alle voglie dei propri figli. Mancano la ragionevolezza, l’autorevolezza e la religione, che costituiva il criterio ultimo di giudizio. La ragionevolezza è sostituita dall’emozione, l’autorevolezza è in crisi – non si dice mai di no -.
La religione è ritenuta inutile; lo si nota come negli interessi dei genitori occupi gli ultimi posti. Invece è il fondamento della salvezza dell’uomo, della sua felicità. del suo successo, se entriamo nella logica di Gesù: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici». L’espressione maggiormente ricorrente nel vangelo di oggi è quella di “Rimanete in me”. Gesù vuole un rapporto continuativo, una full immersion, si direbbe oggi, in Lui, per assimilarlo, per condividere fino in fondo le sue convinzioni, i suoi sentimenti, il suo stato d’animo, per ricostruire la nostra personalità.