“Il nuovo imperialismo del denaro toglie di mezzo addirittura il lavoro, cioè il mezzo in cui si esprime la dignità dell’uomo, la sua creatività, che l’immagine della creatività di Dio. L’economia speculativa non ha più bisogno neppure del lavoro, non sa che farsene del lavoro. Insegue l’idolo del denaro che si produce da se stesso. Per questo non si hanno remore a trasformare in disoccupati milioni di lavoratori. … Tanto le ideologie di sinistra quanto questo imperialismo economico del denaro ora trionfante cancellano l’originalità cristiana …” . Questo è il pensiero economico del nuovo Papa Francesco che sembra avere diversi punti in comuni con i nuovi presidenti di Camera e Senato (vedi discorsi sotto riportati) così come sembra critico con l’ideologia di alcuni leader dei principali partiti italiani, penso a Grillo che vuole ridurre a 20 ore settimanale il lavoro, a Bersani che non rinuncia a finanziare i partiti con la scusa di una “politica per tutti” ed a Berlusconi che non accetta le decisioni di una giustizia terrena imperfetta mettendo così a rischio il Paese che dovrebbe essere l’unica sua priorità.
Il discorso di insediamento
a presidente della Camera
di Laura Boldrini
Care deputate e cari deputati, permettetemi di esprimere il mio più sentito ringraziamento per l’alto onore e responsabilità che comporta il compito di presiedere i lavori di questa Assemblea.
Vorrei, innanzitutto, rivolgere il saluto rispettoso e riconoscente di tutta l’Assemblea e mio personale al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che è custode rigoroso dell’unità del Paese e dei valori della Costituzione repubblicana.
Vorrei, inoltre, inviare un saluto cordiale al Presidente della Corte costituzionale e al Presidente del Consiglio. Faccio a tutti voi i miei auguri di buon lavoro, soprattutto ai più giovani, a chi siede per la prima volta in quest’Aula.
Sono sicura che, in un momento così difficile per il nostro Paese, insieme riusciremo ad affrontare l’impegno straordinario di rappresentare nel migliore dei modi le istituzioni repubblicane.
Vorrei rivolgere, inoltre, un cordiale saluto a chi mi ha preceduto, al Presidente Gianfranco Fini, che ha svolto con responsabilità la sua funzione istituzionale.
Arrivo a questo incarico dopo avere trascorso tanti anni a difendere e a rappresentare i diritti degli ultimi, in Italia come in molte periferie del mondo. È un’esperienza che mi accompagnerà sempre e che da oggi metto al servizio di questa Camera. Farò in modo che questa istituzione sia anche il luogo di cittadinanza di chi ha più bisogno.
Il mio pensiero va a chi ha perduto certezze e speranze. Dovremo impegnarci tutti a restituire piena dignità a ogni diritto. Dovremo ingaggiare una battaglia vera contro la povertà, e non contro i poveri. In questa Aula sono stati scritti i diritti universali della nostra Costituzione, la più bella del mondo. La responsabilità di questa istituzione si misura anche nella capacità di saperli rappresentare e garantire uno a uno. Questa Aula dovrà ascoltare la sofferenza sociale di una generazione che ha smarrito se stessa, prigioniera della precarietà, costretta spesso a portare i propri talenti lontano dall’Italia.
Dovremo farci carico dell’umiliazione delle donne che subiscono violenza travestita da amore ,ed è un impegno che fin dal primo giorno affidiamo alla responsabilità della politica e del Parlamento.
Dovremo stare accanto a chi è caduto senza trovare la forza o l’aiuto per rialzarsi, ai tanti detenuti che oggi vivono in una condizione disumana e degradante, come ha autorevolmente denunziato la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.
Dovremo dare strumenti a chi ha perso il lavoro o non lo ha mai trovato, a chi rischia di smarrire perfino l’ultimo sollievo della cassa integrazione, ai cosiddetti esodati, che nessuno di noi ha dimenticato, ai tanti imprenditori che costituiscono una risorsa essenziale per l’economia italiana e che oggi sono schiacciati dal peso della crisi, alle vittime del terremoto e a chi subisce ogni giorno gli effetti della scarsa cura del nostro territorio.
Dovremo impegnarci per restituire fiducia a quei pensionati che hanno lavorato tutta la vita e che oggi non riescono ad andare avanti.
Dovremo imparare a capire il mondo con lo sguardo aperto di chi arriva da lontano, con l’intensità e lo stupore di un bambino, con la ricchezza interiore e inesplorata di un disabile.
Dovremo dare strumenti a chi ha perso il lavoro o non lo ha mai trovato, a chi rischia di smarrire perfino l’ultimo sollievo della cassa integrazione, ai cosiddetti esodati, che nessuno di noi ha dimenticato, ai tanti imprenditori che costituiscono una risorsa essenziale per l’economia italiana e che oggi sono schiacciati dal peso della crisi, alle vittime del terremoto e a chi subisce ogni giorno gli effetti della scarsa cura del nostro territorio.
Dovremo impegnarci per restituire fiducia a quei pensionati che hanno lavorato tutta la vita e che oggi non riescono ad andare avanti.
Dovremo imparare a capire il mondo con lo sguardo aperto di chi arriva da lontano, con l’intensità e lo stupore di un bambino, con la ricchezza interiore e inesplorata di un disabile.
In Parlamento sono stati scritti questi diritti, ma sono stati costruiti fuori da qui, liberando l’Italia e gli italiani dal fascismo.
Ricordiamo il sacrificio di chi è morto per le istituzioni e per questa democrazia. Anche con questo spirito siamo idealmente vicini a chi oggi a Firenze, assieme a Luigi Ciotti, ricorda tutti i morti per mano mafiosa. Al loro sacrificio ciascuno di noi e questo Paese devono molto. E molto, molto, dobbiamo anche al sacrificio di Aldo Moro e della sua scorta, che ricordiamo con commozione oggi, nel giorno in cui cade l’anniversario del loro assassinio.
Questo è un Parlamento largamente rinnovato. Scrolliamoci di dosso ogni indugio nel dare piena dignità alla nostra istituzione, che saprà riprendersi la centralità e la responsabilità del proprio ruolo. Facciamo di questa Camera la casa della buona politica, rendiamo il Parlamento e il nostro lavoro trasparenti, anche in una scelta di sobrietà che dobbiamo agli italiani.
Sarò la Presidente di tutti, a partire da chi non mi ha votato. Mi impegnerò perché la mia funzione sia luogo di garanzia per ciascuno di voi e per tutto il Paese. L’Italia fa parte del nucleo dei fondatori del processo di integrazione europea. Dovremo impegnarci ad avvicinare i cittadini italiani a questa sfida, a un progetto che sappia recuperare per intero la visione e la missione che furono pensate con lungimiranza da Altiero Spinelli. Lavoriamo perché l’Europa torni ad essere un grande sogno, un crocevia di popoli e di culture, un approdo certo per i diritti delle persone, appunto un luogo della libertà, della fraternità e della pace.
Anche i protagonisti della vita spirituale e religiosa ci spronano ad osare di più. Per questo abbiamo accolto con gioia i gesti e le parole del nuovo pontefice, venuto emblematicamente dalla fine del mondo.
A Papa Francesco il saluto carico di speranza di tutti noi. Consentitemi un saluto anche alle istituzioni internazionali, alle associazioni e alle organizzazioni delle Nazioni Unite, in cui ho lavorato per 24 anni, e permettetemi, visto che questo è stato fino ad oggi il mio impegno, un pensiero per i molti, troppi morti senza nome che il nostro Mediterraneo custodisce. Un mare che dovrà sempre più diventare un ponte verso altri luoghi, altre culture, altre religioni.
Sento forte l’alto richiamo del Presidente della Repubblica sull’unità del Paese. Un richiamo che quest’Aula è chiamata a raccogliere con pienezza e convinzione. La politica deve tornare ad essere una speranza, un servizio, una passione.
Stiamo iniziando un viaggio, oggi iniziamo un viaggio: cercherò di portare, assieme a ciascuno di voi, con cura e umiltà, la richiesta di cambiamento che alla politica oggi rivolgono tutti gli italiani, soprattutto i nostri figli. Grazie.
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Discorso di insediamento del Presidente del Senato, Pietro Grasso
16 Marzo 2013
PRESIDENTE. (Si leva in piedi). Care senatrici, cari senatori, mi scuserete ma voglio rivolgere questo primo discorso soprattutto a quei cittadini che stanno seguendo i lavori di quest’Aula con apprensione e con speranza per il futuro di questo Paese.
Il Paese mai come oggi ha bisogno di risposte rapide ed efficaci, all’altezza della crisi economica, sociale e politica che sta vivendo. Mai come ora, la storia italiana si intreccia con quella europea, e i destini sono comuni. Mai come oggi il compito della politica è quello di restituire ai cittadini la coscienza di questa sfida.
Quando ieri sono entrato per la prima volta da senatore in quest’Aula mi ha colpito l’affresco sul soffitto, che vi invito a guardare. Riporta quattro parole, che sono state sempre di grande ispirazione per la mia vita e che spero lo saranno ogni giorno per ciascuno di noi nei lavori che andremo ad affrontare: giustizia, diritto, fortezza e concordia. Quella concordia, quella pace sociale di cui il Paese ha ora disperatamente bisogno.
Domani è l’anniversario dell’Unità d’Italia, quel 17 marzo di 152 anni fa in cui è cominciata la nostra storia come comunità nazionale dopo un lungo e difficile cammino di unificazione. Nei 152 anni della nostra storia, soprattutto nei momenti più difficili, abbiamo saputo unirci, superare le differenze, affermare con fermezza i nostri valori comuni e trovare insieme un sentiero condiviso.
Il primo pensiero va sicuramente alla fase costituente della nostra Repubblica, quando uomini e donne di diversa cultura hanno saputo darci quella che ancora oggi è considerata una delle Carte costituzionali più belle e più moderne del mondo. (Applausi).
Lasciatemi in questo momento ricordare Teresa Mattei. (L’Assemblea si leva in piedi. Vivi, prolungati applausi). Teresa Mattei, che ci ha lasciato pochi giorni fa e che dell’Assemblea costituente fu la più giovane donna eletta, per tutta la vita è stata attiva per affermare e difendere i diritti delle donne, troppo spesso calpestati anche nel nostro Paese.
Siamo davanti a un passaggio storico straordinario: abbiamo il dovere di esserne consapevoli, il diritto e la responsabilità di indicare un cambiamento possibile, perché è in gioco la qualità della democrazia che stiamo vivendo. Allo stesso tempo dobbiamo avviare un cammino a lungo termine, dobbiamo davvero iniziare una nuova fase costituente che sappia stupire e stupirci.
Oggi è il 16 marzo, e non posso che ringraziare il presidente Colombo che stamattina ci ha commosso con il ricordo dell’anniversario del rapimento di Aldo Moro (L’Assemblea si leva in piedi. Vivi, prolungati applausi) e della strage di via Fani dove trovarono la morte – come lui stesso ha ricordato – i cinque agenti di scorta Raffaele Jozzino, Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Giulio Rivera e Francesco Zizzi. Al loro sacrificio di servitori dello Stato va il nostro omaggio deferente e commosso.(Generali applausi).
Oggi bisogna ridare dignità e risorse alle forze dell’ordine e alla magistratura. Sono trascorsi 35 anni da quel tragico giorno, che non fu solo il dramma di un uomo e di una famiglia, ma dell’intero Paese. In Aldo Moro il terrorismo brigatista individuò il nemico più consapevole di un progetto davvero riformatore: l’uomo e il dirigente politico che aveva compreso il bisogno e le speranze di rigenerazione che animavano dal profondo e tormentavano la società italiana.
Come Moro scrisse in un suo saggio giovanile, «Forse il destino dell’uomo non è di realizzare pienamente la giustizia, ma di avere perpetuamente della giustizia fame e sete. Ma è sempre un grande destino».
Oggi, inoltre, migliaia di giovani a Firenze hanno partecipato alla Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime della mafia. (Applausi). Vi confesso che mi è molto dispiaciuto non poter essere con loro, come ogni anno. Hanno pronunciato e ascoltato gli oltre 900 nomi di vittime della criminalità organizzata: nomi di cittadini, appartenenti alle forze dell’ordine, sindacalisti, politici, amministratori locali, giornalisti, sacerdoti, imprenditori, magistrati, persone innocenti uccise nel pieno della loro vita. Il loro impegno, il loro sacrificio, il loro esempio dovrà essere il nostro faro.
Ho dedicato la mia vita alla lotta alla mafia in qualità di magistrato e devo dirvi che, dopo essermi dimesso dalla magistratura, pensavo di poter essere utile al Paese in forza della mia esperienza professionale nel mondo della giustizia. Ma la vita riserva sempre delle sorprese.
Oggi interpreto questo mio nuovo e imprevisto impegno con spirito di servizio, per contribuire alla soluzione dei problemi di questo Paese.
Ho sempre cercato verità e giustizia e continuerò a cercarle da questo scranno, auspicando che venga istituita una nuova Commissione d’inchiesta su tutte le stragi irrisolte del nostro Paese.(Applausi).
Se oggi, davanti a voi, dovessi scegliere un momento in cui raccogliere la storia della mia vita professionale precedente non vorrei limitarmi a menzionare gli amici e i colleghi caduti in difesa della democrazia e dello Stato di diritto, che io ho conosciuto: non c’è, infatti, un solo nome, un volto, che può racchiuderli tutti e purtroppo, se dovessi citarli tutti, la lista sarebbe – ahimè! – troppo lunga.
Mi viene, piuttosto, in mente e nel cuore un momento che li abbraccia a uno a uno: è il ricordo della voce e delle parole di una giovane donna. Mi riferisco al dolore straziato di Rosaria Costa, la moglie dell’agente Vito Schifani, morto insieme ai colleghi Rocco Dicillo e Antonino Montinaro nella strage di Capaci del 22 maggio 1992, in cui persero la vita anche Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. Non ho dimenticato le sue parole il giorno dei funerali del marito, quel microfono strappato ai riti e alle convenzioni delle cerimonie. (I senatori eletti nelle liste «Movimento 5 Stelle Grillo» si levano in piedi). «Chiedo innanzitutto che venga fatta giustizia, adesso. Rivolgendomi agli uomini della mafia, perché ci sono qua dentro (e non), ma certamente non cristiani, sappiate che anche per voi c’è possibilità di perdono: io vi perdono, però vi dovete mettere in ginocchio, se avete il coraggio di cambiare. (…) loro non cambiano (…) loro non vogliono cambiare. (…) Vi chiediamo (…) di operare anche voi per la pace, la giustizia, la speranza e l’amore per tutti (…)».(L’Assemblea si leva in piedi. Vivi, prolungati applausi).
Giustizia e cambiamento: questa è la sfida che abbiamo davanti. Ci attende un intenso lavoro comune, per rispondere con i fatti alle attese dei cittadini che chiedono anzitutto più giustizia sociale, più etica, nella consapevolezza che il lavoro è uno dei principali problemi di questo Paese. Penso alle risposte che al più presto – ed è già tardi – dovremo dare ai disoccupati, ai cassaintegrati, agli esodati, alle imprese, a tutti quei giovani che vivono una vita a metà, hanno prospettive incerte, lavori (chi ce l’ha) poco retribuiti. Quando riescono a uscire dalla casa dei genitori, vivono in appartamenti che non possono comprare, cercando di costruire una famiglia che non sanno come sostenere.
Penso all’insostenibile situazione delle carceri del nostro Paese, che hanno bisogno di interventi prioritari. (Applausi). Penso a una giustizia che oggi va riformata in modo organico, agli immigrati che cercano qui da noi una speranza di futuro, ai diritti in quanto tali che non possono essere elargiti col ricatto del dovere e che non possono conoscere limiti, altrimenti diventano privilegi.(Applausi).
Penso alle istituzioni sul territorio, ai sindaci dei Comuni che stanno soffrendo e faticano per garantire i servizi essenziali ai loro cittadini. (Applausi). Sappiano che lo Stato è dalla loro parte e che il nostro impegno sarà di fare il massimo sforzo per garantire loro l’ossigeno di cui hanno bisogno.
Penso al mondo della scuola, nelle cui aule ogni giorno si affaccia il futuro del nostro Paese, e agli insegnanti che fra mille difficoltà si impegnano a formare cittadini attivi e responsabili.
Penso alla nostra posizione sullo scenario europeo. Siamo tra i Paesi fondatori dell’Unione e il nostro compito è portare nelle istituzioni comunitarie le esigenze e i bisogni dei cittadini. L’Europa non è solo moneta ed economia: deve essere anche l’incontro di popoli e di culture. (Applausi dei senatori eletti nelle liste «Partito Democratico»).
Penso a questa politica, alla quale mi sono appena avvicinato, che ha bisogno di essere cambiata e ripensata dal profondo nei suoi costi, nelle sue regole, nei suoi riti, nelle sue consuetudini, nella sua immagine, rispondendo ai segnali che i cittadini ci hanno mandato, ci mandano e ci continuano a mandare in ogni occasione. Sogno che quest’Aula diventi una casa di vetro e che questa scelta possa contagiare tutte quante le altre istituzioni. (Applausi).
Quanto radicale e urgente sia il tempo del cambiamento lo dimostra la scelta del nuovo Pontefice, Papa Francesco (L’Assemblea si leva in piedi. Prolungati applausi), i cui primi atti hanno evidenziato un’attenzione prioritaria verso i bisogni reali delle persone.
Voglio, in conclusione, rivolgere a nome dell’Assemblea dei senatori e mio personale un deferente saluto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (L’Assemblea si leva in piedi ed applaude, ad eccezione dei senatori eletti nelle liste «Movimento 5 Stelle Grillo»), supremo garante della Costituzione e dell’unità italiana, che con saggezza e salda cultura istituzionale esercita il suo mandato di Capo dello Stato.
Desidero anche ringraziare il mio predecessore, il senatore Renato Schifani, per l’impegno profuso al servizio di questa Assemblea. (L’Assemblea si leva in piedi, ad eccezione dei senatori eletti nelle liste «Movimento 5 Stelle Grillo». Applausi all’indirizzo del senatore Schifani).
Un omaggio speciale e un indirizzo di saluto al Presidente emerito della Repubblica, agli altri senatori a vita, fra cui Emilio Colombo (L’Assemblea si leva in piedi. Applausi all’indirizzo del senatore Colombo), che ha presieduto con inesauribile energia la fase iniziale di questa XVII legislatura: lui, che ha visto nascere la Repubblica partecipando ai lavori dell’Assemblea costituente.
Concludo ricordando cosa mi disse il capo dell’ufficio istruzione del tribunale di Palermo, Antonino Caponnetto (Applausi), poco prima di entrare nell’aula del maxiprocesso contro la mafia: «Fatti forza, ragazzo, vai avanti a schiena diritta e testa alta e segui soltanto la voce della tua coscienza». Sono certo che in questo momento e in quest’Aula l’avrebbe ripetuto anche a tutti noi. (L’Assemblea si leva in piedi. Vivi, prolungati applausi).