DOMENICA DI PENTECOSTE ANNO A
Vangelo di Giovanni 20, 19-23.
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Commento.
Il tempo in cui Gesù effonde lo Spirito Santo promesso è quello delle apparizioni pasquali, che si prolungano fino alla visione di Gesù da parte di Paolo, l’ultima della serie. Il vangelo di oggi ci presenta il primo incontro di Gesù con i suoi discepoli la sera stessa di Pasqua. Rifugiatisi in un luogo sicuro e chiuso perchè impauriti e delusi, essi gioirono al vedere il Signore, che li rassicurò circa la sua identità mostrando loro le mani con i segni dei chiodi ed il fianco trafitto dalla lancia. Nessun dubbio: il Risorto era il Crocifisso. Egli appariva nella sua gloria, come Signore, cioè Kurios, parola della lingua greca, che indica una persona rivestita di dignità divina. E come tale il Risorto si presenta a loro.
Appare per compiere un gesto di creazione, possibile solo a Dio: soffia sui discepoli per infondere su di essi il suo Spirito. Il gesto richiama quello che Dio fece al momento della creazione dell’uomo. Questa creatura di fango destinata a ritornare polvere, riceve il soffio di Dio, che la rende vivente, non solo fisicamente, ma anche intelligente e capace di amare. Il soffio è la scintilla divina che fa l’uomo immagine e somiglianza di Dio. Pensiamo alla meravigliosa raffigurazione della creazione di Adamo nella Cappella Sistina, dove il dito di Dio e di Adamo si toccano per indicare una comunicazione vitale. Con questo gesto Michelangelo vuole sottolineare la grandezza dell’uomo, in cui vi è un’energia divina.
Ora Gesù compie il medesimo gesto del Dio creatore infondendo il suo Spirito, per significare che la sua è una nuova creazione. Perchè?
La risposta è offerta dalla storia degli uomini, che nel corso dei secoli hanno sfigurato l’immagine scolpita da Dio in loro, rendendola irriconoscibile. Chiamato ad imitare la perfezione e la bontà divine, l’umanità ha sviluppato un moto contrario, si è allontanata dal Padre, è diventata schiava del male. Ora la salvezza operata da Gesù significa il dono della perfezione iniziale disgraziatamente smarrita che viene restituita in maniera sovrabbondante. Più volte Egli ha parlato di un rapporto con i discepoli attraverso il quale ha comunicato loro tutto ciò che egli ha di più personale: amato dal Padre Egli a sua volta ama i suoi discepoli (Giovanni, 15,9); trasmette tutte le parole ricevute dal Padre (Giovanni, 17,14); sotto la croce consegna al discepolo anche la Madre, perchè sia anche nostra (Giovanni, 19,26). La grazia dello Spirito è il culmine di questo dono totale che Gesù fa di sè stesso a noi. Donandocelo Gesù ci comunica la sua forza di amore e assimila ai suoi i nostri sentimenti in preda alle passioni disordinate. Ci dona il suo stesso sentire profondo che rinnova il nostro intimo. E’ un dono disponibile per tutti, che può ridurre il male e la babele di lingue e di incomprensioni che domina la faccia della terra, per favorire la concordia. Questa è la NUOVA CREAZIONE, il bene più alto che il celebrante invoca con i fedeli nella S. Messa:
e a noi che ci nutriamo del corpo e sangue del tuo Figlio,
dona la pienezza dello Spirito Santo
perché diventiamo, in Cristo, un solo corpo e un solo spirito.
(Canone III)