ASCENSIONE ANNO C
Vangelo secondo Luca 24,46-53
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.
Commento
La descrizione storica di Luca, cioè il racconto di come Gesù ascese in cielo dal monte degli Ulivi (Lc.24, 50-53: Atti, 1,9-11), è l’unico resoconto che ci sia giunto dal Nuovo Testamento. Tutti gli altri testi la presuppongono o vedono l’Ascensione inserita nella resurrezione. Salendo al cielo, Gesù è ridiventato di nuovo il Signore del creato, dopo la parentesi dell’abbassamento e della morte. L’Ascensione è come una marcia trionfale di Gesù che viene acclamato vincitore e che entra nella pienezza della sua gloria.
Le prime rappresentazioni dell’antica arte cristiana della festa di oggi si ispirano alla cerimonia del trionfo riservato dai Romani ai generali vittoriosi, che sfilavano con le truppe portando dietro di sè il bottino di guerra: prigionieri, tesori e armi. In queste immagini Cristo è raffigurato sul carro trionfale che sale al cielo, dove lo attende il Padre, per accoglierlo e farlo sedere alla sua destra. Egli porta dietro di sé i suoi trofei, cioè i nemici incatenati che sono le potenze demoniache del peccato e della morte.
Gesù viene acclamato Vincitore e Signore del mondo perché lo è a nuovo titolo, in quanto lo ha salvato e liberato dal male. Tale liberazione è stata resa possibile da un atto di amore talmente grande che ha sconfitto definitivamente il male nelle sue forme estreme di odio e di malvagità. Egli sale al cielo in forza delle sue piaghe di Crocifisso, che rivelano la sua vittoria e lo mostrano come il Salvatore del mondo, un titolo più ricco di quello di Creatore, perché gli è costata la fatica di amare l’uomo e di offrire la sua vita per lui. Il male, incatenato dietro il carro trionfale di Cristo, è destinato a soccombere, benchè abbia ancora la possibilità di nuocere nella storia degli uomini. Può compiere ancora dei pericolosi colpi di coda fino alla fine della storia umana, ma la sua fine è segnata.
Come il popolo acclamante, anche gli apostoli ritornano a Gerusalemme contenti di aver assistito alla partenza di Gesù. Il paradosso di una partenza gioiosa (gioiscono invece che ritornare tristi) si spiega, perchè hanno visto il trionfo del bene sul male, della vita sulla morte. Gesù ha aperto una strada che porta ad una meta sicura. Nelle incertezze e nell’oscurità circa l’approdo finale della nostra vita, si è svelata la certezza di una meta di gloria, che infallibilmente si raggiunge se ci mettiamo sulle orme di Gesù. I sacrifici e le fatiche del fare il bene conseguiranno un risultato.
Inoltre gli apostoli sono contenti, perchè sanno che Gesù è più presente di prima con loro e in una maniera più potente. Gesù accompagnerà sempre la sua Chiesa, come aveva detto nell’atto di partire: «Ecco io sono con voi fino alla fine dei tempi». É dunque guardando a Lui che noi affrontiamo i sacrifici quotidiani e anche la morte, sapendo che Egli ci accoglierà. Questo mistero non ci dice dunque qualcosa di strano, di lontano da noi, ma è la premessa di una motivata serenità quotidiana e della nostra pace.