DOMENICA IV QUARESIMA ANNO B
Dal Vangelo secondo Giovanni, 3,14-21.
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.
E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Commento
I testi del N. Testamento sono attraversati dalla preoccupazione di spiegare lo scandalo della croce: presentare un messia che termina i suoi giorni sul più infamante strumento di supplizio dell’antichità, riservato agli schiavi e ai ribelli, era molto problematico. S. Paolo afferma testualmente: «Fratelli, mentre i Giudei chiedono segni e i Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio.
Infatti ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.» (I Cor. 1, 22-25). S. Paolo conferma la stranezza del comportamento di Dio, ma afferma che la stoltezza di Dio è più sapiente del buon senso umano. Vediamo in questo brano l’evangelista Giovanni il quale afferma che il massimo dell’ignominia e della sofferenza – l’innalzamento su un palo di supplizio! – non è un atto di umiliazione, ma di gloria; addirittura è l’atto di intronizzazione di un re, una cerimonia dopo la quale bisogna compiere un atto di omaggio e di prostrazione in segno di riconoscimento della regalità. Così avviene con Gesù innalzato sulla croce, nel quale dobbiamo credere, riconoscerlo come messia e salvatore!
Lo scandalo dell’innalzamento sulla croce permette di penetrare più a fondo nel mistero di Dio. L’apostolo Pietro lo esprime bene nella sua prima lettera: «Cristo patì per voi lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme: […] oltraggiato non rispondeva con oltraggi, e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia» (I Pietro, 2,24). La rinuncia ad oltraggiare ci rivela lo stile di Dio, che è pazienza e mitezza. Gesù infatti aveva affermato: «imparate da me che sono mite ed umile di cuore» (Matteo, 12,29). Gesù rinuncia ad ogni forma di violenza, anche quando è diventato lo zimbello dei suoi nemici. Essere violenti significa voler distruggere, perché si è persa ogni stima e si disprezza. Gesù invece odia il peccato, ma ama il peccatore, non lo disprezza, ma lo rispetta, riconosce i suoi diritti e lo richiama benevolmente fino a che non si ravveda. Egli usa finezza nei suoi confronti, è rispettoso della debolezza altrui, non è il prepotente, il gradasso, che spazza via tutto; è colui che, piuttosto che fare il male, accetta di subirlo. Il mite è paziente, accetta di sopportare l’altro, addirittura sopporta lui il suo male. Senza la mitezza il mondo rischia di sprofondare nella violenza a tutti i livelli; ma al livello massimo non si arriva da un giorno all’altro, la violenza si accumula ed esplode nella guerra.
Ora la scelta di questo stile trova la sua giustificazione più profonda non solo per motivi di saggezza umana, sempre necessari, ma soprattutto perchè è la modalità con cui Dio Padre, attraverso il suo Figlio eterno Gesù, si è presentato agli uomini e reagisce al loro comportamento. Un Dio che si lascia umiliare e che subisce la violenza estrema di una condanna a morte perdonando. Questo è uno scandalo inaudito, ma rivela l’autentico volto di Dio, al quale dobbiamo mirare, come gli Ebrei nel deserto guardavano al serpente di bronzo per essere guariti. Il crocifisso da un lato rivela la sublimità dell’amore e l’abisso del male della violenza radicata nel nostro cuore quasi inestirpabile. Perchè il mondo si salvi, bisogna partire dal Crocifisso: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce di nostro Signore Gesù Cristo» (Paolo, lettera ai Galati, 6,14).