PILLOLE DI DIRITTO COSTITUZIONALE
Tutti noi, da trent’anni, aspettiamo le riforme costituzionali. Ma siamo sicuri di sapere che cosa vogliamo riformare?
Articolo precedente pubblicato il 09.12.2020: “Dichiariamo guerra all’analfabetismo costituzionale”
Quasi ogni giorno sentiamo nominare la locuzione riforma costituzionale. Ma, alla fine, che cos’è questa Costituzione? Cos’ha di diverso rispetto al resto dell’ordinamento giuridico?
Ci sono diverse teorie che tentano di dare una risposta a queste domande, alcune anche molto contrastanti tra di loro. La prima degna di nota è quella garantista, considerata particolarmente rilevante perché deriva direttamente dall’art.16 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, recitante che “ogni società nella quale non sia assicurata la garanzia dei diritti, né determinata la separazione dei poteri, non ha Costituzione”.
Un’ulteriore teoria che può essere presa in considerazione è quella tradizionalista, la quale sostiene che la Costituzione sia il risultato del processo storico di una determinata collettività. Un popolo ha sempre un passato, spesso pieno di sbagli e cadute. Quindi la Costituzione, studiando l’evoluzione del suo popolo, si pone l’obiettivo di imparare dagli errori della sua storia per cercare di costruire una società più consapevole e matura. E questo è un fatto: se non avessimo combattuto e perso la Seconda Guerra Mondiale, per esempio, la nostra Costituzione attuale sarebbe molto diversa.
L’altra teoria degna di nota è quella sociologica, per la quale la Costituzione è semplicemente un documento che descrive il comportamento della società. Il costituente, quindi, non ha un potere prescrittivo e coercitivo, ma deve limitarsi ad osservare la realtà e tratteggiarla in un testo scritto comunemente condiviso. Questa teoria, molto discussa e di gran lunga superata, è tipica del pensiero marxista.
Queste tre teorie sono tra di loro complementari e nessuna esclude l’altra. Le ultime due, però, sono evidentemente incomplete ed imparziali, anche se forniscono delle chiavi di lettura molto preziose. In particolare la teoria sociologica, con tutte le sue imperfezioni, è particolarmente accorta quando si riflette sull’interpretazione delle disposizioni: quella che si dava della Costituzione nel 1948 era diversa rispetto a quella del 2020. Le parole sono le stesse, ma cambiano gli occhi che le leggono.
Ma quali sono gli elementi che contraddistinguono la Costituzione da un qualsiasi altro elemento dell’ordinamento giuridico?
Innanzitutto, è bene sottolineare che la Costituzione è stabile e quindi capace di durare nel tempo, potenzialmente per sempre. Per questo, i costituenti devono essere lungimiranti, accorti, pronti a percepire non solo le esigenze contingenti del loro presente, ma anche quelle delle generazioni successive. Essa è la cornice entro la quale la società si deve muovere, ma deve anche garantire alla stessa di evolversi e trasformarsi. Stabilità, infine, vuol dire anche che la Costituzione deve essere un documento condiviso dalla generalità dei consociati e che quindi non deve essere l’espressione di una maggioranza specifica.
La Costituzione è anche una fonte superiore, la fonte delle fonti. Neanche i trattati internazionali possono andare in contrasto con le Costituzioni degli Stati Sovrani e, a tal proposito, il costituzionalismo europeo riserva un esempio interessante. Si sa che i trattati europei impongono ai singoli stati membri di garantire la libera circolazione di merci e persone in tutto il territorio continentale, senza alcun tipo di restrizione. Ma nella Costituzione greca c’è scritto che sul Monte Athos, considerato sacro, possono accedervi solo gli uomini. In questo caso, anche se il trattato europeo enuncia che tutti devono circolare liberamente, per quanto riguarda il Monte Athos prevale la Costituzione locale: le donne, quindi, devono stare in pianura.
Una Costituzione, inoltre, deve contenere dei valori e principi generalmente condivisi. La società, infatti, può essere interpretata come un insieme di soggetti che si uniscono in forza di determinate affinità o per raggiungere determinati scopi comuni. Per questo, è normale che ci sono alcuni aspetti ritenuti veri e giusti da tutti i consociati: principi che la gran parte dei cittadini considera come propri e che sono patrimonio di tutti. Questi principi (es. libertà, democrazia, garantismo, parità dei diritti…) sono spesso scontati, ma devono comunque essere specificati nella Carta Costituzionale.
Infine, una Costituzione non può essere definita tale se non disciplina il modello organizzativo dello Stato e le modalità di distribuzione dei poteri. Essa, quindi, deve rispondere ai seguenti quesiti: come è diviso il potere? Chi ha competenza su cosa? Come vengono bilanciati i poteri? Chi è detentore del potere Sovrano? Come viene esercitata la sovranità?
E la scrittura? No, la scrittura non è essenziale: una Costituzione può anche essere orale. Un esempio lo fornisce il Regno Unito il quale, pur essendo considerato l’inventore del concetto moderno di democrazia rappresentativa, non ha nessun testo scritto che disciplina e regola la divisione dei poteri e la vita dei cittadini. I britannici, infatti, si basano principalmente sulle consuetudini: comportamenti non scritti tenuti uguali nel tempo e per questo ritenuti obbligatori. Certo, hanno alcuni documenti rilevanti come la Magna Charta Libertatum del 1215 e il Bill of Rights del 1612, ma per la loro forma e il loro contenuto non possono essere considerati delle costituzioni.
Concludo avvertendo, però, che la Costituzione non vive di vita propria. Sono i cittadini che la fanno vivere, perché le parole scritte possono essere belle e autorevoli, ma se non vengono applicate risultano assolutamente inutili. Per questo, si suole distingue tra Costituzione formale, composta dalle parole scritte ed enunciate dal costituente, e la Costituzione materiale, ovvero il modo con cui la Carta viene applicata. Il nostro compito di cittadini, quindi, è quello di dare vita alla nostra Costituzione, rispettandola e studiandola attentamente. Ciò non significa che non possiamo evolverci, ma che dobbiamo adeguare la nostra Costituzione con accortezza e lungimiranza, adattandola di volta in volta alle nuove esigenze che si possono presentare in una società in continua evoluzione.
Prossimo appuntamento mercoledì 16 dicembre con: “Art.138: ecco come si modifica la costituzione”
Alessandro Frosio