La settimana scorsa abbiamo avuto sulle scene “La coscienza di Zeno”, con protagonista nel ruolo di Zeno Cosini Giuseppe Pambieri che tratteggia il suo personaggio con tocchi insieme ironici e meditativi.
Non era facile portare sulla scena il capolavoro sveviano, che è romanzo di introspezione, ma seppur con una differenza di tono, la scommessa è riuscita. Il regista ha deciso infatti di utilizzare l’adattamento che Tullio Kezich realizzò per il teatro nel 1964.
La vicenda è quella nota della vita di Zeno Cosini: partendo da una seduta psicanalitica, il protagonista evoca i momenti salienti della sua vita, che nel libro sono suddivisi per capitoli per esaltare come ogni tassello sia fondamentale nella storia delle persone (il fumo, la morte del padre, il matrimonio, l’amante e l’associazione commerciale con il cognato).
Fragile e inadeguato di fronte ai cambiamenti della società, Zeno è un’inetto che però riesce a vincere nella vita: nonostante fallisca sistematicamente nei suoi propositi per lui c’è sempre un lieto fine, nel matrimonio come nelle questioni economiche. Di fronte alla vita Zeno mantiene sempre un atteggiamento ironico e distaccato che fa da ossatura alla piéce; si presenta come uomo nuovo in cerca di un modo di essere plausibile in un mondo che sembra sfuggirgli. Sarà lui a dire il bellissimo, inquietante monologo finale sulla ferocia e l’inutilità di quella guerra, tratto dall’ultimo capitolo del libro, il più avanguardistico, che di lì a poco avrebbe rivoluzionato tutto.