Una giornata vissuta per dare “pane” al Fisco e allo Stato. Anzi, per pagare il “pizzo” allo Stato. Spesso, ce ne dimentichiamo. Eppure è cosi. Non solo è la criminalità ad avere il racket, ma anche l’Erario ne ha uno a modo suo. Parole grosse? Non proprio. La nostra giornata è disseminata di imposte occulte, del tutto ingiustificate (se non per far cassa e mantenere un apparato statale parassitario e inefficiente, dipendenti inclusi) che succhiano a lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi, più denaro della pur odiosa ma comunque visibile Irpef (statale, comunale e regionale). Giuseppe Bortolussi, segretario degli artigiani mestrini, ha pubblicato un libro da leggere tutto di un fiato, dal titolo tosto: “TASSATI E MAZZIATI. Le tasse nascoste . Quando lo Stato ci mette le mani intasca due volte ” edito da Sperling&Kupfer.
Avete letto bene: le mani nelle nostre tasche. La tesi con tanto di dati alla mano è di quelle grottesche: (quasi) ogni nostra azione (tranne il sesso a pagamento, finchè non lo regolamenteranno…) porta quattrini all’erario. Non una trattazione commercialistica, ma un taglio diretto: quanti soldi paghiamo e dove vanno a finire?
Facciamo un esempio, prendendo spunto dal libro di Bortolussi (nella foto): una giornata tipo. Mi alzo la mattina. Vado al bar a fare colazione. E tac, parte il primo racket dello Stato: l’Iva sui consumi. Poi (sì, è una giornata un po’ sfigata…), vado in agenzia per pagare l’assicurazione: e tac, altro pizzo che va all’erario (parliamo dell’imposta indiretta che parte dal presupposto che avere un‘auto sia una cosa di lusso.. capiamo un suv, ma una… “Panda”). Poi, il postino mi recapita la bolletta del gas metano: 100 euro sono di metri cubi consumati (possiamo discutere sul costo a metro cubo, però sorvoliamo), e 40 euro di Imposte. Caspita: un terzo. Ma non è finita: oltre al pizzo dell’imposta erariale, lo stato ci chiede anche il pizzo sull’imposta: cioè l’Iva al 20%! L’imposta sull’imposta! Quasi un gioco di parole. Il pizzo… sul pizzo” Un’imposta che diventa base imponibile? Dove vadano questo soldi poi, nessuno sa… Prosegue la giornata. Vado a fare carburante: auto a benzina (quelli a metano sono meno.. sfigati…). Beh, più che fare carburante, vado a finanziare l’Erario, ancora lui. Fatto 100 il costo al litro, un 60% se ne va in accise e imposte. Andiamo avanti: intanto si ha anche il tempo di dedicarsi alla professione, ma attenzione, quello che vi entrerà per quella giornata (in busta o in fattura), una parte andrà all’erario statale. Ma ritorniamo alle imposte indirette. In quella giornata scade il canone della Rai. Per essere cittadini onesti (che in Italia non funge), abbiamo segnalato alla Rai il possesso di un televisore atto a ricevere. Di fatto il tv lo usiamo solo per vedere Dvd, o qualche canale locale. La Rai comunque il suo pizzo lo chiede: 109 euro: è una tassa di possesso, dicono. Che però va solo alla Rai… Perché fa servizio pubblico (la tv di Stato cinese è più pluralista di quella italiana, verificato sul campo!). Sempre in questa giornata tipo c’è anche la bolletta dell’enel (con l’elettricità l’erario è più bravo, fa pagare l’Iva al 10, l’imposta di consumo è più bassa e concede qualcosa anche alle province). Poi si va a fare la spesa e altro pizzo allo stato con Iva dal 4% al 20% a seconda dei beni acquistati. Poi sempre in questa giornata tipo piena abbiamo una visita dal medico (privata, 150 euro per arrivare prima rispetto alle liste di attesa: così la sanità ce la paghiamo due volte: con i mie soldi di Iva e Irpef per l’SSN e con i miei soldi del portafoglio per il medico privato). Un appuntamento dal notaio per un rogito di vendita di un immobile: ricaviamo soldi dalla vendita, sono “redditi dversi” e lo stato giustamente ci fa impone il “racket” sotto forma di imposta sulla plusvalenza, manco avessimo venduto un castello). Ci fermiamo qui. Bortolussi le ha contate tutte queste imposte indirette (le tasse sono un capitolo diverso: tasse di circolazione, tosap: io do una somma a Stato Regione Comune e loro mi fanno utilizzare le strade, un marciapiede ecc): piu di un centinaio in un sistema fiscale tra i più complessi, opprimenti e inefficienti del mondo. Chi poi non ha la partita Iva e che quindi non può giocare sull’Iva a recupero, si ritrova ancor più tassato e mazziato. Ovviamente tutto questo gettito occulto non va alle comunità locali ma in larga parte all’erario statale che se lo tiene ben stretto per auto alimentare la propria autoreferenzialità, le sue caste, i suoi sprechi. Quello Stato (non l’Italia che già esisteva dapprima come espressione geografica e culturale come ebbe a dire lo statista austriaco Metternich) di cui quest’anno abbiamo celebrato il compleanno. Se poi un cittadino ha l’ardire (in Italia si deve usare questo verbo), di “mettersi in proprio”, di aprire partita Iva, di dare vita a una ditta individuale o a una società, per dare concretezza a un suo progetto imprenditoriale (ma anche di vita), allora si finisce in un girone dantesco: studi di settore, complicanze burocratiche varie, “menate” di ogni tipo: insomma diventi per lo Stato, un potenziale “delinquente”: evasore, abusivo, sfruttatore ecc. “Volevo solo vendere pizza” di Luigi Furini, è il titolo di un reportage al limite del grottesco di cui è autore un giornalista – aspirante pizzaiolo: ne parleremo in un prossimo servizio.
Giuseppe Purcaro