È vero! E noi sotto sotto lo avevamo sospettato (da tempo). Anzi ne eravamo convinti, forse con quel pudore che hanno sempre gli autodidatti. Ora invece la cosa è asserita nero su bianco; a scriverla è stata addirittura una illustre teologa, che dopo svariate disamine, storiche, esempi, citazioni e lunghe dissertazioni, lo dice papale papale: il sesso avvicina a Dio. Sarà affetto, o tenerezza, forse senso di liberazione, ma davvero vorremmo che scattasse un applauso pieno e convinto.
Ma si, diciamolo: al di fuori della religiosità ufficiale, delle formule rituali dell’educazione cattolica dei paesi latini, gli abitanti del pianeta lo hanno sempre saputo, e il praticare questa primaria forma di avvicinamento al supremo li ha resi per secoli meno nervosi, più trattabili, quasi simpatici, a volte. Compresi i summenzionati abitanti dei paesi latini, che non hanno mai confuso l’alcova e il confessionale. Ora siamo davvero di fronte a una rivoluzione. Cadono i muri, finisce la guerra fredda, il mondo si ridisegna amabilmente su mappe planetarie che non digrignano più i denti.
Non sarà l’amore universale, insomma, ma qualcosa si muove e non si può che gioire. Lo avevamo detto, ben prima della teologa, gli hippy un po’ naif. Tutti lo sostenevano, a seguire l’intuizione che far del bene a sé stessi equivaleva a fare del bene al mondo intero, all’umanità. In ultima analisi: a Dio. Ecco qui ora che ce la dicono proprio loro, quelli che sulle cose divine hanno passato una vita di studi. E non possiamo che ripensare, forse con qualche risatina, all’educazione ricevuta, a quelle interminabili ore di catechismo, (ricordo bene!!) dove cercavano di farci tutti dei futuri santi.
Finalmente tutto è finito (meno male!) ora arriva l’imprimatur, con tanto di studi e divertenti rivelazioni. Con il vantaggio di far diventare più simpatico il Signore, che preferiamo certo immaginarci bonario e comprensivo, magari anche un po’ complice; (visto che vede tutto, speriamo che almeno distolga gli occhi, in certi momenti).
Per la maggior parte della gente, naturalmente non cambierà nulla, si avranno forse meno sensi di colpa, fondamento basilare della cultura cattolica, ma non mancheranno i soliti devoti che, furbini, vorranno avvicinarsi all’assoluto più spesso, più volte al giorno, praticamente in continuazione e non solo nei luoghi deputati. Più faticoso, ma anche più divertente, che recitar novene. Convince meno, invece, la limitazione imposta al nuovo modo di render grazie: vale solo se si svolge (brutta espressione) nel rispetto delle regole, come dire che il piacere sessuale avvicina a Dio solo se deriva da un rapporto con il legittimo consorte. Sennò si ripiomba nel peccato e siamo daccapo. È il caso di dire peccato davvero.
Come in ogni rivoluzione che si rispetti, c’è chi va contro corrente. Sono, ad esempio, i pazienti di una clinica di Minneapolis negli Stati Uniti, che arrivano a pagare anche venti milioni per una terapia di cinque settimane, guarda caso, basata sull’astinenza, che garantisce la disintossicazione. (Ma!!! …) Da cosa? Ma dal sesso, ovvio. E sembra che tra gli strumenti della guarigione figuri anche una super attività religiosa, fatta di preghiere, inni e sgranamento di Rosario. Chissà che faccia faranno quando ben purificati prenderanno in mano un libro di questa teologa. Scherzi a parte, è ben difficile provare compassione per i volontari “intossicati” di Minneapolis. Ci piace anzi immaginarli come immersi in un girone infernale, la lingua penzoloni, gli occhi fuori dalle orbite, qualche confusione mentale dovuta allo sforzo di astenersi (per cinque settimane di fila) dall’attività più intensa e piacevole che la storia dell’umanità ricordi. Esageriamo: vogliamo pensarli in preda a terribili sofferenze, legati alle sedie, in puro stile Alfieri, per impedirsi di ricorrere i compagni di sventura perpetuando – cosi, l’ignobile peccato.
Sara Carrara