DOMENICA III TEMPO ORDINARIO ANNO B
Dal Vangelo secondo Marco, 1,14-20.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».
Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.
Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.
Commento
La scorsa settimana ci siamo intrattenuti a mostrare la singolarità di Gesù, la sua autorevolezza e la forza con cui proclamava le sue convinzioni, nonostante la crescente avversione incontrata. Essa suscitava negli stessi discepoli un misto di ammirazione e di perplessità. I Vangeli testimoniano la domanda che essi, con molti altri, si ponevano: «Chi è mai costui?» (Matteo, 8, 27). Gesù non nasconde il segreto della sua persona. Egli ha una relazione unica, intima e profonda con il Padre, che pertanto può rivelare in maniera autorevole. Nessuno mai ha parlato di Dio come lui, perchè nessuno può usufruire di una conoscenza simile alla sua:«Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi dire: mostraci il Padre? Non vedi che io sono nel Padre e il Padre è in me?» (Giovanni, 14,9-10). Anche le opere che compie ne sono il fedele riflesso: «Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato» (Giovanni, 14,30). Gesù insiste sulla peculiarità di questo legame; sottolinea che Dio non è semplicemente il Padre, ma l’Abbà, termine ebraico che corrisponde al nostro “papà”, per indicare l’affetto, la fiducia e la familiarità del figlio. Si capisce quindi perchè i discepoli hanno insegnato che Gesù è il Figlio di Dio. Questa relazione è confermata solennemente dalla testimonianza del Padre nel momento del battesimo al Giordano: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto» (Marco, 1,11). Tutto ciò che Gesù fa e dice è il riflesso di questa conoscenza, ne è una fedele testimonianza. La tenerezza del Padre si rende visibile nei gesti di Gesù, nel suo chinarsi verso le sofferenze dei malati, dei poveri e dei peccatori, nel rivolgersi verso tutti senza esclusione e in un perdono superiore ad ogni odio. La stupefacente carica rivoluzionaria del Discorso della Montagna trova nell’ Abbà misericordioso la sua ragione: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro» (Luca, 6,36). Gesù è il Figlio che testimonia nella sua condotta di vita il Padre, ne riflette la misericordia e la tenerezza.
Tuttavia Gesù non trattiene per sè questo segreto: lo vuole condividere con tutti gli uomini, perchè abbiano ad avere la medesima confidenza di figli amati dall’unico Padre e a rispecchiare il suo amore verso gli uomini. La rassicurazione data da Gesù è inequivocabile: « Padre, ho fatto conoscere loro il tuo nome, perchè l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro» (Giovanni, 17,29). Questa condivisione è contenuta nell’insegnamento della preghiera del Padre (Abbà) nostro, che Gesù autorizza noi, suoi discepoli, a recitare (Matteo, 6,9-15): una preghiera di figli e di fratelli, non di servi, uniti a Gesù il Figlio primogenito del Padre. In questo modo vengono risanati e rimodellati alla radice i rapporti umani, essi sono letteralmente salvati in modo che tutta la storia umana sia rinnovata. Questo è il Regno di Dio annunciato da Gesù: entrare con lui in un rapporto filiale con il Padre per sentirci figli e vivere da fratelli, testimoniando come Cristo la tenerezza del Padre.