DOMENICA IV DOPO PASQUA ANNO A
Giovanni, 10,1-10.
In quel tempo, Gesù disse:
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.
Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei».
Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo.
Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
Commento
Gesù si presenta come il Buon Pastore, cioè come la guida di coloro che intendono seguirlo. Ora tale sequela non avviene per uno spirito gregario, facente leva sul conformismo, sull’imitazione passiva di una moda e il compimento di un atto scarsamente motivato. Il Buon Pastore intrattiene una relazione personale con ciascuna pecora, che chiama per nome. Si allude ad favorisce un rapporto personale, non anonimo, quindi totalmente coinvolgente. A tal riguardo possiamo ricordare la vocazione di Matteo di Caravaggio, dove Gesù chiama l’apostolo, che rimane colpito ed abbandona il banco delle imposte: un incontro profondo che tocca il cuore e cambia la vita. Ora questo momento straordinario si ripete quando siamo destinatari di un atto di amore, dal più quotidiano e scontato, a quello più straordinario che succede nei momenti decisivi della vita. L’essere amati ci tocca profondamente, perchè ci toglie dall’anonimità e diventiamo oggetto di un’attenzione che non abbiamo meritato. Noi cerchiamo sempre tali momenti, i soli che ci danno fiducia e speranza. Si può dire che noi siamo guidati dagli atti di amore verso di noi, rimanendo stupiti dell’attenzione di chi si prodiga per noi.
Ora Gesù si presenta come la nostra guida, non in forza di un’imposizione autoritaria, ma con i gesti di AMORE di colui che ha preso a cuore la vita delle pecore e le conduce alle fonti e ai pascoli abbondanti. Nel prosieguo del brano evangelico, che oggi non leggiamo, Gesù si presenta come il Buon Pastore che dà la vita per le pecore, difendendole ad ogni costo contro il lupo che le minaccia, non come il mercenario che fugge, perchè non gli importa delle pecore. In questa parabola Gesù presenta un capovolgimento rispetto alla normalità: solitamente un pastore è interessato alle pecore per il vantaggio che ne può avere; la loro eventuale difesa è dettata dalla convenienza di salvaguardare il guadagno. Invece Gesù presenta la vita delle pecore come la finalità suprema, cui viene sottomesso ogni interesse del pastore; egli non esita a donare la vita. Qui sta la motivazione originaria della fede in Lui, Buon Pastore, perchè il donare la vita in maniera disinteressata è il linguaggio che noi comprendiamo subito ed immediatamente. Da sempre lo coltiviamo, perchè ricerchiamo costantemente uno che ci ama ed è tutto per noi. Come il Buon Pastore realizzi questo dono di sè, lo sappiamo dal racconto della sua vita, dall’insegnamento e dalle opere da Lui compiute. Ciò avviene nella lettura delle Scritture e nell’ascolto di coloro che lo annunciano. Le esperienze della lettura del Vangelo e dell’ascolto non dovrebbero rimanere senza conseguenze, ma toccarci profondamente il cuore e commuoverci: esigono una risposta ed un affidamento.
Queste considerazioni ci permettono di capire la finalità principale del Vangelo: renderci conto dell’amore del Buon Pastore per commuoverci, convertirci e seguirlo sulla medesima strada.