DOMENICA XII ANNO A
Dal Vangelo secondo Matteo, 10,26-33.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «26Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! 32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».
Commento
Gesù prepara i suoi discepoli alla missione, esortandoli a non avere paura della scarsa accoglienza incontrata dal messaggio evangelico. Nonostante la suggestione che emana, molti ritengono il Vangelo non realistico e troppo utopico, se non fuorviante: in una parola inutile e dannoso. Altre cose appaiono ben più importanti. Gli uomini sono distratti da mille attrattive, poco curandosi delle passioni da cui è dominato l’animo e di regolarlo secondo i principi elaborati da Gesù nel Discorso della Montagna (Vangelo di Matteo capitoli 5-7). Questi permetterebbero di porre le basi per corrette relazioni tra le persone. Questo itinerario è generalmente evitato perchè, soprattutto all’inizio, appare impegnativo ed implica il riconoscimento delle proprie colpe, impresa molto difficile, portati come siamo a discolparci e ad accusare gli altri. Eppure la verità viene a galla, perchè le bugie, come dice un vecchio proverbio, hanno le gambe corte. Le conseguenze sono i mali di cui l’umanità soffre a tutti i livelli: familiari, sociali e politici. Ci si illude che la pace sia a portata di mano e basti un pò di intelligenza. In realtà in ognuno di noi c’è la dimensione della belva, che vuol divorare ogni cosa e che dopo aver mangiato “ha più fame di pria” , come dice Dante.
Gli uomini sono deboli e spesso soccombono alla loro fragilità morale, perchè non si curano dell’interiorità e non sanno più pregare. Essi sono proiettati sull’esterno, in modo che non sanno più guardarsi in faccia e scoprire le loro deformazioni. Ma in certe occasioni la verità viene a galla e allora non si può fare a meno di ammettere una qualche responsabilità, ma generalmente questo dura poco e di nuovo ci si dà alla pazza e spesso immorale frenesia, stendendo un velo sulle proprie responsabilità. Ciò è capitato dopo le due guerre mondiali del secolo scorso. Dopo la seconda Guerra Mondiale, l’orrore dei lager e la prospettiva della bomba atomica, vi è stata una ripresa di valori umanitari, che oggi però sembrano in regresso; eppure ce ne sarebbe tanto bisogno davanti all’emergenza della globalizzazione, dell’esigenza di una giustizia a livello mondiale e di uno sviluppo sostenibile. Questi problemi sono più gravi del coronavirus, il quale ha complicato la situazione. Eppure c’è la voglia matta di tornare ad essere come prima, con lo stesso modo di vivere, le stesse cattive abitudini, gli stessi sprechi. Questo comportamento non è certo strano; lo troviamo nella storia delle pestilenze dei secoli scorsi e ce ,lo ricordano scrittori come Manzoni e Camus. Lo conferma la cronaca attuale, la quale dimostra l’irresistibile inclinazione a non porsi dei limiti, se questi sono necessari per la salute pubblica. Corriamo il rischio di dimenticare i nostri morti e i nostri pianti rischiano di essere come quelli del coccodrillo. Questo è più evidente fra le giovani generazioni.
Dall’esperienza del coronavirus dovremmo ricordare gli esempi di abnegazione di molti che a rischio della propria vita hanno aiutato il prossimo in maniera disinteressata per pura misericordia e compassione. Di questi valori evangelici abbiamo bisogno per affrontare le gravi emergenze che ci attendono. La mancanza di una disposizione adatta complicherà ulteriormente i problemi con il rischio di gravi fratture sociali e di convivenza civile all’interno e tra le nazioni. Questo sarebbe il peggior coronavirus