PILLOLE DI DIRITTO COSTITUZIONALE
Ecco quali sono le tipologie e i poteri dei regolamenti governativi. Il DPCM? Un regolamento utilizzato incostituzionalmente
Articolo precedente: “La vera funzione del Decreto Legislativo” pubblicato il 13.01.2021
Tutto ciò che viene emanato dal Governo, eccettuati gli atti aventi forza di legge, prendono il nome di regolamenti. Sono atti che, in forza del principio della gerarchia delle fonti, si posizionano in un gradino inferiore rispetto alla legge e, per questo, sono atti di fonte secondaria. Inoltre, secondo il principio della competenza, il Governo li può emanare solo nelle materie in cui lo Stato ha competenza legislativa ai sensi dell’art.117 Cost. Per le altre materie, invece, il potere regolamentare è attribuito alle Regioni e agli enti locali.
Ma quali sono questi regolamenti? Come si suddividono? A tal proposito, la Costituzione non è molto chiara e una risposta la si può trovare solamente consultando la legge n.400/1988 apportante il titolo di “Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Questa legge, suddivide gli atti secondari del governo in regolamenti governativi, ministeriali ed interministeriali.
I regolamenti governativi principali sono quelli esecutivi che hanno il compito di rendere attuabili le disposizioni generali e astratte della legge e, per questo, non possono intervenire in materie coperte da riserva di legge. I regolamenti integrativi-attuativi, invece, devono sì attuare delle leggi, ma hanno anche la possibilità di integrare le disposizioni del Parlamento nel caso in cui preveda delle norme di principio. Si annoverano anche i regolamenti innovativi, che devono determinare le modalità di attuazione delle leggi, e i regolamenti organizzativi, con i quali i ministeri predispongono il proprio lavoro e indirizzano l’attività della Pubblica Amministrazione. Infine, si ricordano i regolamenti indipendenti, utilizzati in materie minori in cui non è stata emanata nessuna legge corrispondente, e i regolamenti di delegificazione con cui si cerca di snellire il lavoro del Parlamento assommando all’esecutivo le prerogative tipicamente amministrative.
I regolamenti ministeriali, invece, sono degli atti emanati dal singolo ministero e non dall’intero Consiglio. In seconda battuta, la legge 400/88 delinea anche i regolamenti interministeriali che vengono attuati da due o più ministeri affini per regolare aspetti comuni. Sia i ministeriali che gli interministeriali, però, sono considerati fonti di terzo grado, poiché sono subordinati sia alla legge che ai regolamenti governativi.
I famosi DPCM sono dei regolamenti governativi esecutivi: non sono degli atti unilaterali del Premier – come molti analfabeti costituzionali sostengono – ma sono il frutto di un accordo dell’intero Consiglio dei Ministri. Il problema però resta: sono di fonte secondaria e quindi possono permettersi di attuare solamente degli aspetti che sono già espressamente disciplinati da una legge.
Invece, cosa sta succedendo da un anno a questa parte? Che, per affrontare la pandemia di Covid-19, questi DPCM vengono usati come se fossero delle leggi di fonte primaria emanate dal Parlamento. Costituzione alla mano, solo il Parlamento ha il potere di limitare le libertà fondamentali dei cittadini come quella di soggiornare e circolare liberamente. Siamo nel cuore dello Stato di diritto: in questi ambiti vige una riserva di legge assoluta. Perché allora un DPCM per la quarantena? La Costituzione attende da mesi una risposta convincente.
Alessandro Frosio