Questa settimana è andata in scena al Donizetti “Il Discorso del Re”, una commedia di Luca Barbareschi incentrata sul balbuziente Duca di York, il futuro Giorgio VI: è l’intelligente trasposizione teatrale del famoso film vincitore di quattro premi Oscar.
Filippo Dini interpreta Albert Windsor, duca di York, che divenne re in seguito all’abdicazione di Edoardo VIII: il fratello maggiore era legato all’americana pluridivorziata Wallis Simpson, che l’Inghilterra non poteva accettare come regina, ed era sospettato di simpatizzare con Hitler. Siamo infatti negli anni dell’ascesa di Hitler alla cancelleria tedesca e dell’attesa in bilico sul baratro della II guerra mondiale.
Alla Storia si intreccia la storia dell’amicizia tra Albert e Lionel Logue (Barbareschi), logopedista australiano e attore mancato che curerà il Duca dalla balbuzie, impossibile da gestire nei numerosi e imbarazzanti discorsi pubblici cui era tenuto: egli infatti portava il fardello di costrizioni infantili e un bisogno di affetto difficili da trovare nell’anaffettiva coppia di genitori regali.
Così Lionel Logue, dai metodi anticonformisti, capace di sondare le anime e di medicarle, insegnò al futuro Re come superare l’incubo di parlare in pubblico sottoponendolo ad una cura che attingeva dal laboratorio teatrale e dalla psicanalisi.
I due interpreti principali colpiscono il pubblico appena calcano la scena, sono assolutamente convincenti e danno prova di grande bravura, ciascuno caratterizzando al meglio il proprio personaggio, quasi oscurando gli altri interpreti. Altro grande merito va alla sceneggiatura di Massimiliano Nocente: quasi non sono utilizzati arredi, ma fanno da padrone le quinte e le proiezioni, che creano diversi ambienti e atmosfere in tempi rapidissimi.