Dopo un eccellente restauro ad opera di Delfina Fagnani, fa ritorno, in tutto il suo antico splendore, all’ex-chiesa di Sant’Agostino, ora Aula Magna dell’Università degli studi di Bergamo, la Pala di San Nicola da Tolentino di Gian Giacomo Barbelli (1653).
L’opera di restauro, resa possibile dall’ateneo bergamasco, sarà presentata al pubblico alle ore 17 di martedì 28 maggio, in occasione dell’inaugurazione della mostra dedicata al Barbelli, allestita nella stessa Aula Magna dell’ateneo. Tra le opere in mostra anche il disegno preparatorio originale della Pala di San Nicola da Tolentino, in prestito dall’Accademia Tadini di Lovere.
Agli appassionati è dedicata una visita guidata presso Palazzo Moroni, che lo stesso Barbelli affrescò a partire dal 1649 (appuntamento davanti a Palazzo Moroni in via Porta Dipinta, di fronte alla chiesa di Sant’Andrea alle ore 15).
Dopo i saluti istituzionali di Remo Morzenti Pellegrini, Rettore dell’Università degli studi di Bergamo, don Giovanni Gusmini, Parrocchia di Sant’Andrea Apostolo in Bergamo, Marco Albertario, Direttore Accademia Tadini di Lovere e Franca Franchi, dipartimento di Filosofia, Lettere e Comunicazione dell’Università degli studi di Bergamo, intervengono:
- Delfina Fagnani, Sesti Restauri
Il restauro della pala di San Nicola da Tolentino di G.G. Barbelli per Sant’Agostino - Andrea Zucchinali, dipartimento di Filosofia, Lettere e Comunicazione dell’Università degli studi di Bergamo
L’iconografia tolentiniana e la sua presenza in Sant’Agostino
- Giovanni Carlo Federico Villa, dipartimento di Filosofia, Lettere e Comunicazione dell’Università degli studi di Bergamo
Tra natura e artificio, le illusioni del barbèl
- Fulvio Adobati, prorettore delegato ai rapporti con enti e istituzioni pubbliche del territorio dell’Università degli studi di Bergamo
Conclusioni e saluti finali
GIAN GIACOMO INCHIOCCHIO, DETTO IL BARBELLI (1604-1604) nasce a Offanengo in provincia di Cremona da Giovan Angelo e Maria Malosa. Il soprannome Barbelli, pare assegnato alla famiglia del pittore fin dal XVI secolo, deriva dal termine dialettale barbèl, ossia farfalla notturna. Il Barbelli lo sfruttò per firmare le sue opere, i figli lo assunsero come cognome ufficiale. Secondo dicerie paesane, il soprannome deriva dal termine dialettale “barbelà”, cioè avere freddo, in quanto la famiglia, seppure benestante, non riscaldava la casa per tirchieria e gli occupanti tremavano dal freddo.
Inizia la sua carriera artistica a Crema nella bottega di Tommaso Pombioli: la prima opera datata e firmata risale al 1622. Successivamente si trasferisce per un quinquennio a Milano, lavorando anche tra la Valtellina e l’Alto Lario, acquisendo capacità e fama. Nel 1630 ritorna a Crema e inizia a lavorare su numerose commissioni in terra locale, in particolare sull’asse Brescia-Crema.Lodi, con forte maturità in cui traspare la conoscenza dell’arte illusionistica veronese, quella tosco-romana e quella fiamminga. A causa delle numerose richieste allestisce una bottega nella quale vi lavorano Evaristo Baschenis e, più tardi, due dei suoi otto figli, Carlo Antonio e Giovan Angelo. Anche gli anni Quaranta si rivelano intensi di opere, tra le più note e famose. In questo decennio il Barbelli lavora anche nella bergamasca. Muore il 12 luglio 1656 a causa di un colpo d’arma da fuoco durante una battuta di caccia nei giorni precedenti.