Chi li rappresenta? Non certo la Circoscrizione 1 dove vivono 8.530 stranieri su 18.351. Nemmeno il bergamaschissimo Comitato di Quartiere di Via Quarenghi. L’unico Comitato con degli stranieri, il Comitato dei negozianti di v. Quarenghi, non è mai stato ascoltato. Secondo Pietro Vertova nemmeno il PD ha la giusta sensibilità. (di Allevi)Sono quattro i confini della città. Quattro soglie di esclusione e di espulsione: la cittadinanza, la reclusione carceraria, la fragilità, la proprietà.
La cittadinanza. Chi é cittadino-residente di Bergamo ma senza cittadinanza italiana, non ha il diritto di voto, paga le imposte ma non può partecipare alla vita pubblica. E’ escluso dallo spazio delle decisioni sul presente e sul futuro della città. Sono diversi i luoghi simbolici che parlano di questo confine: alcune vie del centro di Bergamo, alcuni palazzi della periferia, gli autobus pubblici.
La reclusione carceraria. Il carcere é lontano dal cuore della città, fisicamente e simbolicamente. Nel carcere si trovano i “delinquenti”, un’etichetta eterogenea che comprende i mafiosi come i senza documenti. Il carcere di via Gleno è il luogo simbolico parlante di questo confine giuridico: 520 persone oggi recluse in uno spazio che può ospitarne 380. Un sovraffollamento carcerario non sostenibile.
La fragilità. La crisi economica, la mancanza di prospettive occupazionali e l’evaporazione dei legami sociali estendono gli spazi di vulnerabilità emotiva, di fragilità esistenziale. Si tratta di nuove povertà, non necessariamente connesse allo status socio-economico ma sicuramente correlate. Il Nuovo Albergo Popolare e gli altri spazi di cura e ri-partenza sociale (come i centri di accoglienza e le parrocchie) sono i luoghi simbolici parlanti di questa soglia di esclusione.
La proprietà. Questo confine ha una storia secolare, quella dell’appartenenza di classe e di ceto sociale. Le disuguaglianze sono in aumento, la povertà pure, le risposte assenti. La redistribuzione del reddito, della ricchezza e delle opportunità non sono sull’agenda politica dei governanti e degli amministratori. I luoghi simbolici parlanti di questo confine sono le fabbriche in crisi, le periferie della città, la povertà visibile.
Quattro confini che si intersecano, sia a livello sociologico che politico.
Sul piano sociologico: chi è economicamente più povero si ritrova con più probabilità nella fascia della fragilità emotiva. Chi è più fragile può trovarsi immerso nella “trappola della povertà” perché le sue opportunità economiche si riducono e la vita diventa ancora più difficile. Chi non ha la cittadinanza italiana si ritrova con maggior facilità ai margini giuridici della città: se perde il lavoro non riesce a rinnovare il permesso di soggiorno e diventa illegale. E poi: chi non può rinnovare il permesso di soggiorno può cadere nella povertà o nel caporalato. Infine: chi esce dal carcere si trova senza risorse e legami. E chi è più povero entra più facilmente nel circuito carcerario.
Sul piano politico, alla nuova destra (leghista e non) conviene allargare e potenziare gli spazi dell’esclusione. “Loro” aumentano il consenso se riescono ad irrigidire questi confini.
Quando la nuova destra fa un’ordinanza che prevede di multare chi chiede l’elemosina, o mette in discussione il diritto alla residenza, comunica il seguente concetto: chi non ha abbastanza risorse è “fuori dalla città”. Per affermare le credenziali economiche a non essere esclusi, possiamo essere spinti a votare per loro. Qundo la nuova destra decide di concentrare tutti i propri sforzi per costruire lo Stadio, da un lato rende tutti noi contenti per la possibilità di vedere l’Atalanta in serie A in uno stadio nuovo (anche se il Brumana non è poi così male); dall’altro, però, evade e fa evadere dai problemi economici ed urbanistici connessi alla riqualificazione delle periferie, ai problemi degli alloggi e dei loro prezzi, alla crisi occupazionale. Potremmo però spingerci a votare per loro perché “almeno fanno il nuovo Stadio”.
Quando la nuova destra fa un “coprifuoco” in una parte della città, va a “costruire” e “generare” paure e sentimenti di insicurezza legati alla presenza dei nuovi cittadini. Così, i votanti preoccupati dagli elicotteri roboanti su via Quarenghi possono pensare di rivolgersi a “loro”, che si pongono come i tutori dell’ordine in quell’area che loro stessi hanno identificato come “ghetto”. Chi invece subisce, anche emotivamente, un tale provvedimento di esclusione, non può rivolgere a nessuno la propria richiesta di tutela.Quando la nuova destra decide di usare la polizia locale per andare a caccia delle persone a cui può essere scaduto il permesso di soggiorno, fa sembrare i nuovi cittadini come portatori di una “pericolosità intrinseca”. Così facendo, i vigili non fanno più i vigili, le finanze piangono e si aumentano i prezzi dei biglietti del trasporto pubblico. Ma possiamo essere indotti a pensare che l’aumento dei prezzi sia colpa propri dei nuovi cittadini: “se li si controlla ci sarà un motivo”, è il leitmotiv. Il centrosinistra non evidenzia nè dà un senso alle frontiere della città. Millanta strette di mano tra non si sa bene chi, cerca il riconoscimento degli esponenti della nuova destra mettendoli “al centro della scena”, subisce il loro ordine del discorso, vuole mettere “tutti d’accordo” (ma su cosa?), é succube di una retorica della “responsabilità” che comunica solo grigiore e incapacità di progettare il futuro della città.
Dovrebbe invece identificare le frontiere dell’esclusione e farne il cuore di una proposta politica suggestiva, articolata, praticabile.
Pietro Vertova, consigliere comunale indipendente nei Verdi