Monza e Bergamo, con il 57% della produzione lombarda, detengono la palma della vendita delle due ruote più salutari: le biciclette.
Secondoi dati dellaCCIAAdi Milano,infatti, dopo queste due province,si posiziona Milano conil 25% e Brescia con l’8%. Praticamente assente nella “bassa” nonostante la pianura e la conformazione geografica renda quei territori molto più idonei all’utilizzo intensivo dell’ecologico “mezzo”.
E’ singolare ed ironico, quindi, che in tempi di crisi come gli attuali, sia proprio la nostra provincia a fornire ai bisognosi cittadini le due ruote tanto necessarie per pedalare. A ben pensare questo fatto potrebbe avere due chiavi di lettura: la prima quella di una Bergamo astuta ed avveduta che, grazie al DNA dei suoi imprenditori, si è fatta interprete ed ha anticipato un bisogno quale quello dell’avere la bicicletta prima e del pedalare poi, la seconda, invece, quella di una Bergamo fortunata e privilegiata che si è vista arrivare, casualmente, un epoca in cui tutti saremo chiamati a “pedalare”!
Sicuramente la prima ipotesi, se fosse accertata, sarebbe la migliore in quanto varrebbe come la prova di una reale e consistente attitudine al “business” dei propri imprenditori e ci farebbe ben prevedere in una pronta “riconversione” produttiva qualora in un prossimo futuro questo bisogno urgente di “pedalare” venisse meno.
Non ci rallegrerebbe, invece, se fosse vera la seconda ipotesi in quanto vivere di colpi di fortuna nonsi addice anessuna economia: primo o poi se ne farebbero le spese e arriverebbe sicuramente un “Sciur Brambilla” da qualche parte del mondo (ormai globalizzato) ad insidiarne la palma.