Si è appena concluso al Palazzo della Provincia di Bergamo, sotto l’elegante direzione di Barbara Mazzoleni, un affascinante itinerario: “Fra Galgario e il segreto della lacca“. Spero lo abbiate visto: era una di quelle mostre che mettono in contatto il lavoro di un grande artista con la società che lo circonda. Ma quale era questo “segreto della lacca”? Primariamente la risposta data è chimica, ma ho un’ipotesi diversa… di Guido Nosari
Non capisco perchè gli autori di ogni tempo che rientrano formalmente nella definizione di “grande artista” diventino intoccabili, quasi sacri nel loro potere commettere grandi errori a fronte di grandi opere, così dicono. La critica verso questi esponenti diventa spesso piatta e ripetitiva. E’ questa stessa critica che li fa lentamente dimenticare, che non offre spunti di dubbio e cristallizza artisti vivissimi in macchiette fineottocentesche. Fra Galgario rientra tra questi: per Bergamo, per i bergamaschi, è un punto fermo.
Questa mostra a Palazzo della Provincia ha il pregio di farsi domande sull’uomo e pensatore (molto pratico si direbbe) che utilizza sistemi di colorazione adatti alla lavorazione tessile per dipingere i suoi rossi e blu, già molto ammirati dai suoi contemporanei, basti dire che il Sebastiano Ricci più di una volta si rivolge direttamente a lui per avere i colori…e stiamo parlando dei colori del Ricci! La cosa ulteriormente interessante è che questo frate laico dei “Minimi”, o “paolotti” come chiamati all’epoca, ha un vero fare da chimico: prende le basi dei colori dai minerali, e cioè composti più duraturi, mentre lascia la brillantezza agli scarti della lavorazione tessile, da lui riutilizzati. E’ così che questa mostra parla direttamente di Giuseppe Ghislandi, nato a Bergamo nel 1655 e qui morto nel 1743, più noto come Fra Galgario, uomo molto inventivo e pratico.
Il segreto della lacca è svelato. O forse no. Le mie lamentazioni non hanno fine: il grande artista Fra Galgario è ben messo in mostra, la sua figura assume nuove sfaccettature, ma a me rimane da dire una cosa che mi preme molto: quanto sono brutte le donne dipinte da Fra Galgario? Le avete mai osservate con occhio meno convinto della sacra aura del nostro frate? Osservatele, la foto che ho messo a capo articolo è un ottimo esempio: Fra Galgario ritrae le donne in modo pessimo. Mentre gli uomini risentono molto di un arrossamento quasi brianzolo dell’epidermide, e i bambini sono insolitamente sensuali (anche se guardandone le labbra la parola più corretta mi sembra “sessuali”), le donne dipinte sono proprio brutte, create con chiaroscuri quantomai opachi e movimenti degni di manichini.
Secondo me è un grande difetto di Fra Galgario questo, difetto che neanche il lungo apprendistato a Venezia ha saputo correggere. Posso tranquillamente dire che è un difetto perchè la richiesta del nobile ritratto non poteva che essere una ripresa iconografica fatta di sfarzo e bellezza, cosa che nei visi femminili si scorge cercata ma mai trovata.
Ora posso parlare del segreto della lacca al di fuori della chimica: i rossi e i blu dei vestiti di Fra Galgario sono splendidi, i vestiti nel loro complesso lo sono, talmente splendidi che i volti passano letteralmente in secondo piano, in un piano così nascosto che è quasi imbarazzante volerne parlare. La natura bergamasca del Ghislandi che fa diventare i nobili facce da imprenditore lombardo attualissime è negata da una più spiccata componente decorativa e cromatica nell’abbigliamento degli stessi.
Il segreto della lacca sta nell’imbroglio che Fra Galgario mette in atto verso tutti i suoi committenti: uno stupendo sistema di vesti e simboli nobiliari affascina fine alla perdita della vista il ricco compratore, che non riesce a scorgere quanto in quelle tele resti il suo volto più umano, che lo avvicina clamorosamente ai suoi servi.
Non voglio si pensi che imbroglio sia termine indicativo di una cattiva coscienza: Fra Galgario per il corpo umano in sè, e in particolare per quello femminile, non aveva una mano felicissima. Credo sapesse però in cosa poter eccellere; credo anche conoscesse molto bene la committenza con la quale trattava (questo sì fu uno dei lasciti maggiori di Venezia), e cioè una committenza attaccata morbosamente all’essere nobile, il che voleva dire sembrare nobile in primis.
Il segreto della lacca sta nel rivalutare prima di tutto Fra Galgario come attento osservatore dei vizi dei nobili, ma con ciò non come contestatore degli stessi; in secondo luogo rivalutare una nobiltà, che era anche la nostra, piuttosto superficiale come nobiltà, ma già molto simile a chi siamo oggi.