Fa piacere vedere come giovani chef si impegnino nel loro lavoro e riescano, sia pure tra mille difficoltà, ad alzare il livello della loro cucina e della accoglienza nel proprio locale. E’ il caso di Giovanni D’Auria, 37 anni, da un paio d’anni messosi in proprio dando al ristorante il suo nome: “Giò”, a Seriate, via Nazionale 51, con ampio parcheggio privato (il che ha la sua importanza). Basterebbe dare un’occhiata al suo sito (preparato da professionisti come Claudio Cleri) per far venire l’acquolina in bocca e prendere la strada per Seriate. Sul sito del ristorante sono ben illustrati (anche con splendide fotografie di Giuseppe Fioroni) i piatti che si possono qui degustare. Dominano i piatti di pesce, tutti molto interessanti, mentre alla brace si possono degustare ottime «fiorentine» e costate. Previsto un menù degustazione di carne a 35 euro e uno di pesce a 40 euro.
Sono ritornato da Giò dopo parecchi mesi per una serata particolare, molto interessante per i cultori del buon mangiare e bere. “Tartufo Bianco e Barolo”, il tema proposto. Come resistere? «Sono andato io stesso ad Alba a scegliere i tartufi – racconta Giovanni – e grazie ad un accordo di collaborazione con la Cantina Fontanafredda ho potuto abbinare i miei piatti a vini prestigiosi, pur contenendo il prezzo della serata. Non volevo guadagnarci ma fare come un piccolo regalo alla mia affettuosa clientela».
Ecco il menù servito: Polpettina di pasta di salame con pesto di rucola e tartufo; Crema al Taleggio, uova di quaglia, polenta fritta e tartufo bianco; Tagliolini fatti in casa con tartufo; Riso Carnaroli al tartufo; Roast-beef cotto a bassa temperatura con crema leggera allo scalogno e tartufo; Scrigno di Giò “Barra al cioccolato con mousse alle nocciole, nocciole sbriciolate, lamponi e tartufo bianco”.
Fontanafredda, un nome, una sicurezza in tema di vini piemontesi. Immersa nelle Langhe, un mondo di colline dalle origini antichissime, una cantina che può vantare 158 anni di storia, fatta di lavoro, passione, rispetto per la terra e cultura del gusto. Una storia che è cominciata con il Re Vittorio Emanuele II e che continua ancora oggi grazie a imprenditori capaci e lungimiranti.
Si è cominciato con il Contessa Rosa Rosé, un Alta Langa Docg, un Metodo classico che ha trascorso ben 30 mesi sui lieviti: in bocca dà una sensazione minerale e sapida, con retrogusto di agrumi, che ben si accompagna a tante portate. Sono seguiti i due “principi” della serata: il Serralunga d’Alba Barolo Docg 2012 (con passaggio in barrique) e il Barolo Docg Riserva 2007 maturato in botte grande. Se il Barolo – insieme all’Amarone e al Brunello di Montalcino – sono i vini rossi italiani più esportati nel mondo, un motivo ci sarà. Quelli di Fontanafredda vanno all’estero per il 90 per cento della produzione, quindi fortunati i buongustai che hanno partecipato alla serata e quelli che lo sceglieranno tra le 300 etichette che sono elencate nella rinnovata Carta dei Vini di Giò. Presenti alla serata, per Fontanafredda, l’area manager Attilio Tortora e il rappresentante per la provincia di Bergamo, Riccardo Zatelli.