Prima di parlare di mediazione sarebbe utile parlare di conflitto e lite: “se non sei con me, sei contro di me!”
Questo è un comune modo di dire che, presumo, tutti abbiamo almeno una volta detto e che sta quasi ad indicare che non puo’ esistere una via di mezzo. (a cura di Federico Rossi).
Da questa consapevolezza nasce il conflitto e la lite. Maria Martello (Oltre il conflitto, 2002, pagg. 4-6) ci rappresenta un conflitto come segno doppio: da una parte la voglia di esserci, di avere il proprio ruolo, di difendere una personale posizione esprimendo se stessi e dall’altra la difficoltà a gestire la diversità. A salvaguardia del primo aspetto, positivo, e per non soffocarlo, occorre affrontare il secondo.
In questo ci viene in aiuto la mediazione ovvero un processo attraverso il quale due o più parti si rivolgono liberamente ad un terzo neutrale, il mediatore, per ridurre gli effetti indesiderabili di un conflitto (Castelli S., La Mediazione, 2004 pag 5).
Il mediatore, privo di ogni potere che non sia quello derivato dalla autorevolezza che le parti gli attribuiscono, mira a ristabilire il dialogo per poter raggiungere un obiettivo concreto: “egli, in quanto terzo neutrale, che lavora sul processo e non sui risultati, non dovrebbe essere interessato a raggiungere soluzioni particolarmente acute o brillanti e/o proposte che dimostrino la sua bravura, ma soluzioni buone, soddisfacenti per le parti” (Castelli S., La Mediazione, 2004 pag. 58).
L’obiettivo finale si realizza una volta che le parti si siano concretamente riappropriate nell’interesse proprio e di tutti i soggetti coinvolti, della propria attiva e responsabile capacità decisionale.
Il conflitto nasce da un mutamento trasformazionale, ovvero si verifica un cambiamento all’interno di un sistema vivente tale da determinare nuove configurazioni e caratteristiche strutturali inedite rispetto al sistema iniziale. In questo panorama, la mediazione interviene come strumento di emergenza per evitare che il conflitto causi situazioni peggiorative e pericolose nei rapporti di interazione fra le parti.
La mediazione è quindi un potente strumento per ricostruire o salvaguardare le relazioni fra le parti, per costruire nuove relazioni, basandosi sulla comunicazione tra esseri viventi che, in base alla loro interazione, gestiscono la loro relazione, la loro identità personale e la propria visione del mondo.
Quando si parla di Mediazione spesso ci si imbatte in confusione terminologiche dei vari istituti, ovvero strumenti alternativi di risoluzione delle controversie.
La Mediazione è un processo volontario di gestione e risoluzione dei conflitti che si differenzia dalle più note vie legali e dagli interventi di tipo terapeutico.
La Mediazione non è Arbitrato, cioè un processo volontario nel quale le parti in conflitto delegano ad una terza persona neutrale ed imparziale, una decisione al loro posto.
La Mediazione non è Negoziato che mira ad una soluzione che soddisfa le esigenze di tutti, senza tener conto delle implicazioni emotive delle parti.
La Mediazione non è un processo legale e non dà luogo ad una decisone giudiziaria secondo la regola” io vinco, tu perdi”. Piuttosto nella Mediazione, le parti possono addivenire ad una soddisfacente composizione della lite, prendendo atto che l’esistenza di contrasti e differenze in termini di valori, desideri e aspettative sono opportunità tali da creare nuovi scenari ed una composizione creativa della lite.
La Mediazione punta ad una gestione corretta della lite non concentrandosi sulla risoluzione dei problemi, ma, basandosi sull’etica di responsabilità delle parti, di libertà e di percezione degli interessi comuni, mira alla conservazione dei rapporti delle parti mediante la valorizzazione e il riconoscimento reciproco delle parti.
Rispetto, quindi, ad altre forme alternative di soluzione dei conflitti (ADR, alternative dispute resolution), la Mediazione ha la peculiarità di approfondire molto l’aspetto umano del conflitto e di curare la salvaguardia dei rapporti interpersonali e, pertanto, a ragione definita da Lisa Parkinson (La Mediazione Familiare, Ed 2003, pag. 32) come Risoluzione Appropriata delle Controversie. In effetti in taluni paesi la mediazione rappresenta la best practice per comporre le liti e viene per questo utilizzata congiuntamente al procedimento legale anziché in sostituzione ad esso.
Le persone che vivono un conflitto, possono decidere consensualmente di intraprendere la via della mediazione affidandosi ad un mediatore che assume in questo processo il ruolo di terzo neutrale, con lo scopo di aiutare a ristabilire canali di comunicazione interrotti anche da molto tempo, a far esprimere liberamente tutte le parti ed a chiarire in maniera serena e pacifica il motivo reale dello scontro.
Si sente più spesso parlare di “mediazione” in occasione della risoluzione delle controversie che siano già sfociate in cause piuttosto che per la composizione di controversie preventivamente od in alternativa alle cause legali stesse.
La mediazione è, quindi, un processo attraverso il quale una terza parte neutrale, chiamata mediatore ( ascolta attivamente i contenuti di un conflitto esistente tra due o più parti e tenta di aiutare queste stesse parti a risolverlo senza giudicare i meriti del caso od addentrarsi nella ricerca della verità.
Va detto che il termine “mediazione” è, nell’uso comune, spesso confuso con il termine “arbitrato”. Quest’ultimo è un’altra forma di risoluzione delle controversie da parte di un terzo (in opposizione a un processo davanti a un giudice o giuria). L’arbitro ascolta le prove presentate da ciascuna delle parti e poi esprime un giudizio su chi è responsabile per i danni del ricorrente e su quanto questo responsabile deve pagare al richiedente, se del caso il pagamento sia dovuto.