Il Consiglio Comunale di Bergamo ha approvato la ricognizione sulla tenuta degli equilibri contabili. Una delibera tecnica da adottarsi per legge entro il 30 settembre e che, in sintesi, accerta la tenuta delle previsioni di spesa e di entrata stabilite con l’approvazione del bilancio preventivo per l’annualità 2011. La discussione, però, si è concentrata sulle scelte politiche contenute nella collegata variante al Bilancio preventivo. Non poteva, d’altronde, essere diversamente. Da un lato, infatti, l’entrata in vigore del federalismo fiscale con la conseguente rimodulazione delle voci di contribuzione statale al bilancio comunale, imponeva la riscrittura di alcune voci di bilancio; dall’altro, invece, l’inasprimento dei vincoli del patto di stabilità portava all’attenzione del Consiglio Comunale un dato inequivocabile: a fronte di circa 5 milioni di euro di pagamenti per opere pubbliche in corso di realizzazione, l’amministrazione comunale dispone di una capacità di pagamento pari a circa seicentomila euro. Ora, va precisato come ciò non sia conseguenza del fatto che il comune non abbia risorse finanziarie per far fronte ai pagamenti ma è conseguenza del fatto che il patto di stabilità impone, in buona sostanza, di avere risorse fresche proprie per effettuarli. In altre situazioni, infatti, il comune avrebbe ben potuto stipulare mutui e finanziare con essi le opere pubbliche. L’obiettivo del patto di stabilità, però, è proprio quello di evitare la stipulazione di mutui e la crescita dell’indebitamento pubblico. Ecco, dunque, che il patto di stabilità, conseguenza delle scelte di stabilità dell’area Euro (Patto di Maastricht), è in realtà un mezzo per tenere sotto controllo quell’indebitamento eccessivo che, oggi, sta strangolando la Grecia mentre un domani, forse, potrebbe anche strangolare noi… Il patto di stabilità, dunque, diventa un peso se ci si ostina a non volerne seguire la logica di riduzione dell’indebitamento per finanziare opere pubbliche e di stimolo per il raggiungimento dell’autosufficienza della spesa corrente – spesa per servizi ovvero di stimolo per il raggiungimento del pareggio corrente. Altro dato emerso durante la discussione di ieri è, infatti, come lo squilibrio corrente strutturale sia arrivato alla soglia dei 7 milioni di euro: le entrate tributarie – tariffarie non sono, in altre parole, in grado di sostenere la spesa per i servizi erogati dal Comune. Come detto più volte, il disavanzo corrente viene oggi finanziato con l’impiego di entrate che, in una situazione di equilibrio corrente, sarebbero destinate al finanziamento delle opere pubbliche: gli oneri di urbanizzazione. Con le ovvie conseguenze del caso. La passata amministrazione, infatti, scelse di puntellare il bilancio comunale con il ricorso agli oneri di urbanizzazione ed oggi ne paghiamo le conseguenze: il PII “autostrada”, con la costruzione del tanto contestato palazzo, è proprio una di quelle conseguenze… In ogni caso, non si potrà continuare a puntellare all’infinito il bilancio comunale con il ricorso ad una voce di entrata straordinaria per definizione. Non ogni anno, infatti, vengono iniziate opere edilizie o comunque opere edilizie nella misura da sostenere il ripiano dei 7 milioni di euro di disavanzo. Un domani, gli oneri potrebbero dunque anche essere minori. In quel caso? Ecco, allora, come è necessario per un’amministrazione lungimirante iniziare a scegliere: scegliere di puntare al pareggio corrente, condizione indispensabile per poter investire. In questo senso, esistono due strade: o aumentare le entrate ovvero i tributi oppure efficientare le spese. Aumentare i tributi è facile: il solo aumento dell’addizionale irpef dallo 0,6 attuale allo 0,8 porterebbe 4 milioni di euro ed il disavanzo si dimezzerebbe magicamente. Non si può, però, dimenticare come aumentare i tributi voglia dire diminuire il reddito a disposizione delle famiglie perché esse possano spenderselo liberamente acquistando, nel mercato, i servizi che vogliono, quando desiderano e come più gli piace. Aumentare il prelievo tributario è, dunque, scelta statalista ed illiberale e, perciò, stesso sarebbe l’ultima scelta da prendere. Efficientare le dinamiche di spesa è, invece, più difficile ma al tempo stesso è venuta l’ora di iniziare a chiedersi se sia lungimirante continuare a mantenere attive società comunali in perdita sistematica, se sia un dogma intoccabile la gestione pubblica diretta con proprio personale degli asili nido, se sia efficace l’attuale distribuzione dei centri anziani. Se non vi siano, in altre parole, sovrapposizioni nell’offerta ovvero casi nei quali due diversi centri anziani siano frequentati dalle stesse persone alternativamente. Questa analisi dell’efficacia dovrebbe abbracciare tutte le voci di spesa corrente. Gli obiettivi del patto di stabilità vogliono proprio questo. Sarebbe di scarsa lungimiranza opporvisi.
di Carlo Di Gregorio VicePresidente I Commisione Consiliare “Bilancio e Tributi”