E’ proprio vero che la globalizzazione e l’esasperazione dell’efficienza produttiva su scala mondiale sta portando verso un mondo sempre meno attento alle esigenze degli individui? Ognuno di noi, seppure convinto e consapevole consumatore di un irrinunciabile efficientismo, quando viene messo di fronte a questo quesito si auspicherebbe di no!
Questo, ritengo, anche perché il ciclo della vita e delle sue inattese e, alcune volte, distruttive vicende è la cosa piu’ democratica che esista: esso si distribuisce tra gli esseri umani e le cose della vita senza una specifica forma di indirizzo ma assolutamente con casualità. Ha rispetto di tutti.
Quindi va bene si ottenere un tale servizio in tempi record o non dovere mai attendere in fila per concludere un tal’altro impegno, ma, visto che la ruota gira, ognuno di noi nel proprio intimo si auspica che nel famigerato “momento del bisogno” ci possa essere sempre qualcuno che, senza riscontri economici o, peggio, senza applicazione di modelli efficientistici, sia disposto a pensare a noi.
Bello tutto questo e sinceramente condivisibile, almeno nelle idee. La realtà che va delineandosi, pero’, sembra ben diversa!
Prendiamo ad esempio infatti alcune teorie riguardo il mondo del lavoro e più specificatamente alcune giustissime riflessioni riguardo le modalità di ricompensare e fidelizzare al minor costo possibile i migliori talenti delle imprese.
Partendo dall’assunto di base che dare premi in denaro o “pacche sulla spalla” a tappeto a tutti i migliori dipendenti, senza esclusione di età, difficoltà a rimpiazzare il soggetto o senza considerazioni o retro pensieri sulla maggiore o minore capacità di questi di lasciare l’organizzazione, possa se non gestito bene essere anche troppo costoso per i tempi che corrono, viene da riflettere su quanto possa essere costruttivo nel medio lungo termine applicare la regola del premiare solo i meritevoli “chiave”.
Questa parola, sebbene possa identificare tra i bravi e meritevoli un sottogruppo più limitato di soggetti anch’essi meritevoli ma aventi anche per età, condizione sociale, skills, indomita insoddisfazione personale, forte agonismo e ambizione una forte propensione al cambiamento e quindi costituzionalmente infedeli, non chiarisce del tutto quale ripercussione potrà avere l’applicazione di questo modello nei rapporti sociali dei nostri futuri giorni. Varrà la regola del chi più strilla più conta?
In sintesi: come deve comportarsi un lavoratore che di per se ha sempre dato il massimo alla propria azienda e che continua a farlo ma che pur se, “best performer” non ha quei requisiti di “infedeltà” necessari per essere soggetto di “retaining financial incentives”?!
E se il mondo del lavoro funziona così, enfatizzando i premi solo a che minaccia di scappare, come potrà funzionare in futuro il mondo dei giovani alla prima esperienza di lavoro o l’assistenza agli individui avanti con gli anni che, sicuramente, di capacità contrattuale non ne hanno molta!
Viene da pensare che il genere umano stia per l’ennesima volta pensando a “corto raggio”, come del resto ormai ci si è abituati a fare… Speriamo ci si sbagli!