Lo scorso anno in tutto il territorio della provincia di Bergamo erano 5.273 i posti di degenza disponibili nelle RSA accreditate (cioè le Residenze Sanitario Assistenziali) e 109 quelli in nuclei di assistenza per malati di Alzheimer. Appena una decina di anni prima, nel 1999, i posti in RSA erano 4.571 e quelli per chi soffriva di Alzheimer erano solo 50.
Con questo primo dato di base si apre la ricerca presentata oggi nell’ambito del convegno “RSA,Evoluzione, Attualità e Prospettive”, organizzato alla Borsa Merci di Bergamo dal sindacato dei pensionati SPI-CGIL.
Durante i lavori sono intervenuti Gianni Peracchi, segretario generale SPI-CGIL di Bergamo, Rita Bianchin, assistente sociale e curatrice della ricerca (insieme all’analista di statistica nel settore demografico‐sociale Elena Ferrante). Hanno preso la parola anche Leonio Callioni, assessore alle Politiche Sociali del Comune di Bergamo e presidente della Conferenza dei sindaci, Mara Azzi, direttore generale ASL Bergamo, Giacomo Pessina, segretario CGIL Bergamo, Giuseppe Pezzotta, presidente dell’Associazione della case di riposo della provincia di Bergamo, e Raffaele Latella, direttore sanitario RSA Brembate Sopra. Le conclusioni sonos tate affidate a Claudio Dossi, segretario dello SPI-CGIL della Lombardia.
Il mondo delle case di riposo della provincia è stato indagato a partire da un approfondito studio (in allegato) che fornisce un’ampia raccolta di dati, fra cui le fasce d’età degli ospiti delle RSA, quelle relative ai periodi in cui si resta all’interno delle strutture, le liste di attesa, i posti letto disponibili e l relativo fabbisogno previsto per il 2021, l fenomeno delle demenze, le rette e i loro aumenti.
Le RSA prese in consideraizone come campione sono 29 sul totale delle 61 presenti in provincia, pari al 47,5% (il campione, però, corrisponde anche a 3.030 posti letto, pari al 57,7% del totale).
Ecco quali sono (con il numero dei posti letto di ciascuna):Albino 148, Almenno San Salvatore 72, Alzano Lombardo 92, Ardesio 32, Bergamo (San Francesco) 80, Bergamo (Santa Maria Ausiliatrice) 421, Brembate Sopra 200, Brembilla 71, Capriate San Gervasio 190, Castigo 105, Covo 25, Gorle 40, Gromo 35, Grumello Del Monte 60, Leffe 103, Lovere 99, Nembro 87, Ponte San Pietro 85, Sovere 89, Spirano 38, Stezzano 67, Trescore Balneario 61, Treviglio 151, Urgnano 90, Valbondione 29, Verdello 57, verteva 81, Villa D’Almè 45, Zogno 110.
Ecco alcuni dati rilevanti emersi dalla ricerca
La popolazione anziana in aumento Lo scorso anno gli ultra sessantacinquenni nella nostra provincia erano poco più di 192.000, mentre nel 1999 erano 155.000. L’incremento è stato del 23,9%.
Per quanto tempo si vive in RSA? Dallo studio commissionato dallo SPI-CGIL emerge che nel 2010 il 29,9% delle persone ricoverate ci viveva meno di 1 anno (era l’11,15% nel 1999, dal momento che gli ospiti in ingresso erano, in media, più giovani), il 15,1% fino a due anni (1999, 13,2%), il 27% da 3 a 5 anni (1999, 28,15%), il 28% oltre i 5 anni (1999, 35,1%).
I posti letto esistenti sono sufficienti? Nella provincia di Bergamo all’inizio del 2010 gli anziani sopra i 75 anni erano 87.820. Il fabbisogno calcolato (su indice regionale che prevede 7 posti letto ogni 100 ultra settantacinquenni) era di 6.147, mentre i posti accreditati erano 5.273. I posti mancanti erano, dunque, di 874 unità.
La prospettiva e le necessità nel tempo Si stima che nel 2021 gli anziani ultra settantacinquenni nella nostra provincia saranno 117.093. Utilizzando l’indice regionale, che prevede 7 posti letto ogni 100 anziani, i posti dovranno essere 8.196. Se oggi quelli accreditati, come già detto, sono 5.273, i posti «mancanti» in previsione del 2021 sono 2.923.
Domande in lista di attesa, quante sono? Nel 1999 erano 3.748 (fonte indagine SPI), mentre nel 2010 i dati variano, anche di molto, a seconda delle fonti: 2.100 per l’ASL, 3.364 per lo SPI-CGIL, 4.606 secondo le dichiarazioni delle RSA.
Il profilo delle RSA Nella ricerca commissionata dallo SPI-CGIL di Bergamo, poi, si osservano da vicino anche le caratteristiche peculiari delle strutture e di chi le fa funzionare. Il 38% del campione, ad esempio, dichiara di gestire direttamente le attività mentre il 55% ricorre, totalmente o in parte, ad appalti. Rispetto al 1999 si registra il 12% in meno di esternalizzazioni.
La ricerca ha registrato la presenza di un operatore ogni 1,5 posti letto. Di essi, 1.961 sono italiani, 170 sono stranieri. In 11 RSA esistono operatori con professionalità oltre gli standard regionali: psicologi, assistenti sociali, educatori specializzati. A proposito delle dotazioni delle strutture, esistono 8,72 bagni assistiti per ciascuna RSA.
Il ritorno a casa In 12 case di riposo su 29 è consentito a tutti gli ospiti di rientrare a casa per il fine settimana, mentre in 3 è consentito solo in alcuni casi e in 5 non è mai consentito.
Le rette Mentre le rette minime sono aumentate dell’81% negli ultimi 10 anni e quelle massime del 64%, i contributi regionali versati alle case di riposo, per la parte maggioritaria di ospiti (cioè quella in condizioni di non autosufficienza), sono aumentati tra il 7,9 e il 35,5%.
“Quello delle R.S.A. è un ambito essenziale del sistema socio assistenziale ed interessa ampia parte della popolazione, stimiamo circa un terzo degli anziani non autosufficienti” ha spiegato Gianni Peracchi, segretario generale dello SPI-CGIL provinciale, questa mattina davanti alla platea del convegno. “Il resto degli anziani in difficoltà, gli altri due terzi, cioè circa 10.000 persone, è accudito all’interno del proprio domicilio, per lo più dalle famiglie, in forma del tutto autonoma, con pochissimi finanziamenti e aiuti, prevalentemente mediante il ricorso delle badanti. Proprio per l’evoluzione dei bisogni degli ospiti, oggi, a differenza di dieci anni fa, la maggior parte delle RSA lombarde sono in forte sofferenza economica e questo si ripercuote principalmente sulle rette. Nell’ultimo decennio quelle massime a Bergamo sono aumentate quasi del 64%, e quasi dell’81% quelle minime.Di contro, l’aumento dei contributi regionali, tenuto conto delle diversità di classificazione degli ospiti, è stato notevolmente inferiore. Pensiamo che l’’inadeguatezza dei finanziamenti regionali ed i continui drastici tagli di risorse dal centro alla periferia non possano scaricarsi automaticamente solo sulle famiglie o sui comuni, mentre una più equa e omogenea disciplina degli investimenti regionali e della compartecipazione potrebbe aiutare a sopportare meglio il peso dell’aumento dei costi. Prima dell’estate era in fase avanzata un confronto tra le organizzazioni sindacali e la Regione Lombardia per definire questa materia, confronto che dovrà essere ripreso al più presto. Così come vanno ripresi gli incontri con le RSA in sede locale, in special modo nei casi, non molti per fortuna, dove abbiamo registrato aumenti decisamente fuori scala e, probabilmente, nemmeno del tutto giustificati. Naturalmente dovremo riprendere il confronto anche con l’ASL per trattare tutte le questioni legate alla qualità e alla programmazione degli interventi necessari per fronteggiare adeguatamente l’invecchiamento della popolazione e garantire ai più deboli il diritto di invecchiare con dignità. L’incremento della popolazione anziana, degli over ottantenni, l’evoluzione delle malattie cronico-degenerative della terza e della quarta età, la contrazione delle risorse, impongono nuove riflessioni rispetto all’adeguamento degli interventi di queste strutture, alla diversificazione e alla graduazione di una serie di prestazioni, alla definizione di politiche articolate e in rete di molte prestazioni e degli aiuti alle persone anziane in condizioni di fragilità. Più residenzialità ma , soprattutto, più domiciliarità e maggiore diversificazione delle prestazioni”.