Mentre il consiglio dei ministri propone di modificare la Costituzione introducendo “la clausola di supremazia” dello Stato sulle Regioni , ritengo sia utile segnalare il commento di Sergio Romano a questa domanda di Claudio Sonzini : “…quale possa essere attualmente una definizione di nazione”.
La risposta, pubblicata a pagina 39 del Corriere della Sera del 10 Ottobre, col titolo “Come cambia nel tempo il concetto di nazione”, dopo aver ricordato il declino degli Stati-Nazione, termina con questa considerazione che ho letto con molto piacere : “Molti sostengono che l’Unione Europea è una creazione artificiosa, priva di un demos europeo. A me sembra invece che possa, meglio degli stati nazionali, ospitare le patrie regionali all’interno di un patto federale”.
A mio giudizio il progressivo declino degli stati nazionali , i loro stupidi egoismi ed i loro nazionalismi da quattro soldi stanno facendo crescere nel modo peggiore le istituzioni dell’UE , la sua cultura , sempre più statalista , la sua economia e la competitività di tutta la zona.
Baldini & Castoldi aveva pubblicato in Italia nel 1996 col titolo “La fine dello stato nazione e la crescita delle economie regionali” uno straordinario libro di Kenichi Ohmae. Allego la copertina di quel libro e una lettera che il 4 maggio 1996 avevo (invano!) mandato a tutti i deputati e senatori della Lega Nord e a numerosi altri membri del Parlamento.
A pagina 167 di quel libro si legge: “ I governi nazionali tendono tuttora a considerare le differenze tra regione e regione in termini di tasso o modello di crescita come problemi destabilizzanti che occorre risolvere , anziché come opportunità da sfruttare. Non si preoccupano di come fare per aiutare le aree più fiorenti a progredire ulteriormente , bensì pensano a come spillarne denaro per finanziare il minimo civile. Si domandano se le politiche che hanno adottato siano le più adatte per controllare aggregazioni di attività economiche che seguono percorsi di crescita profondamente diversi . E si preoccupano di proteggere quelle attività contro gli effetti “deformanti” prodotti dalla circolazione di informazioni, capitali e competenze al di là dei confini nazionali. In realtà non sono queste le cose di cui ci si deve preoccupare. Concentrarsi unicamente su questi aspetti significa mirare soprattutto al mantenimento del controllo centrale , anche a costo di far colare a picco l’intero paese, anziché adoperarsi per permettere alle singole regioni di svilupparsi e, così facendo, di fornire l’energia, lo stimolo e il sostegno per coinvolgere anche le altre zone nel processo di crescita.”
Fermo restando che il Governo Monti non potrà mai e poi mai fare peggio dei governi Berlusconi e Prodi che lo hanno preceduto, tutte le sue azioni purtroppo mirano al mantenimento e al rafforzamento del controllo centrale. E’ una direzione sbagliata che genera irrazionale utilizzo delle risorse e non consente creatività, concorrenza ed efficienza: abbiamo più che mai bisogno di una vera riforma federale, che in Italia non è mai cominciata. Federalismo non significa qualche euro in più o in meno, ma cittadini consapevoli (1). Federalismo è prima di tutto senso di responsabilità; va ben oltre la razionalizzazione di spese e di entrate proposte fin’ ora nel nostro paese, ma entra nel profondo della cultura di un popolo trasformando i cittadini da sudditi a persone libere
Giancarlo Pagliarini
(1) Il vero federalismo genera cittadini consapevoli. Ecco un esempio: in Svizzera Governo e Parlamento avevano proposto un aumento dell’IVA, ma la decisione finale l’hanno presa i cittadini e i Cantoni che con il referendum del 27 Settembre 2009 hanno deciso, con il loro voto, di aumentarsi l’IVA.