Sono partiti per la Norvegia 1000 semi di due antiche varietà di mais, molto rare, che si trovano esclusivamente nella bergamasca e che hanno svolto nella cultura e nell’alimentazione di questa terra un ruolo importante e insostituibile. Si tratta del rostrato rosso di Rovetta e dello spinato di Gandino, i cui semi sono stati indirizzati alla Svalbard Global Seed Vault in Novergia, un deposito sotterraneo di semi, in grado di fornire una solida rete di sicurezza contro la minaccia di erosione genetica del patrimonio botanico agricolo.
Il centro norvegese si trova sull’isola di Spitsbergen, nell’arcipelago artico delle Svalbard, a circa 1.200 km dal Polo Nord. È stato costruito nel 2007 con l’obiettivo di garantire la protezione della maggior parte delle 21 colture più importanti della terra, come il riso, il frumento, le patate e appunto il mais, con tutte le loro varietà. La sua struttura, in acciaio e calcestruzzo, è stata ricavata all’interno di una montagna di roccia arenaria ed è in grado di resistere a un’eventuale guerra nucleare, a un incidente aereo e a disastri naturali. Può essere quindi paragonato al caveau delle cassette di sicurezza di una banca, con la differenza che qui non si conserva denaro ma materiale considerato prezioso per il miglioramento genetico, per la ricerca biologica e il futuro del pianeta.
Il viaggio dei semi è iniziato l’estate scorsa, quando il Parco delle Orobie Bergamasche ha invitato i sindaci dei Comuni del Parco a valutare con gli agricoltori la presenza sul loro territorio di coltivazioni di mais ritenute particolarmente significative. Individuate le due specie, consegnati dagli agricoltori custodi Giovanni Marinoni e Giovanni Savoldelli, ritirati dal Professor Graziano Rossi del Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente dell’Università di Pavia e portati alla Lombardy Seed Bank, struttura sita presso l’Orto Botanico di questa Università, specializzata nella conservazione di piante autoctone lombarde. Qui i semi sono stati disidratati e quindi congelati a -18°C. Questa procedura consente la conservazione a lungo termine dei semi, rendendoli disponibili per rafforzare o reintrodurre le specie che potrebbero estinguersi in futuro.
“Le sole attività di conservazione nei luoghi di crescita non sempre sono sufficienti a garantire una valida barriera contro l’estinzione, soprattutto nel caso delle specie coltivate – ha spiegato Franco Grassi, Presidente del Parco delle Orobie Bergamsche – Oltre all’azione spesso nefasta dell’uomo, la straordinaria biodiversità sulle nostre montagne può essere messa a rischio anche da un disastro naturale o di altra natura. È un ipotesi che ci auguriamo resti tale, ma non possiamo fare finta che il rischio non esista.”
Per aumentare le percentuali di successo del progetto, il Parco ha deciso quindi di duplicare i semi conservati a Pavia, per portarne una “copia” anche in Norvegia. In questo modo sarà possibile disporre di un duplice deposito di sicurezza per gli ecotipi di mais ritenuti particolarmente rari, creando un’ulteriore riserva, che potrebbe rivelarsi molto preziosa per salvaguardare le più antiche varietà agronomiche del nostro territorio.
“È stato un processo lungo e complesso, che siamo riusciti a realizzare grazie alla collaborazione di molte istituzioni, a cominciare dai Comuni del Parco, l’Università di Pavia, il CRA e la Coldiretti di Bergamo, la Regione Lombardia, le scuole e moltissimi enti locali che con entusiasmo e collaborazione hanno aderito al progetto – ha concluso Grassi -. Un ringraziamento speciale va alle nostre guardie ecologiche e a Giovanni Marinoni e a Giovanni Savoldelli, gli agricoltori delle nostre valli che con passione, amore e pazienza hanno custodito e tutelato in questi anni queste coltivazioni così preziose”.