DOMENICA IV QUARESIMA ANNO B
Dal Vangelo secondo Giovanni, 3,14-21.
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Commento
Gesù si rifà ad un noto episodio dell’Esodo, in cui gli Ebrei avevano accusato Dio di averli abbandonati nel deserto. Dopo essere stati rifocillati con il miracolo manna e dissetati per intervento di Mosè, vengono puniti da un’invasione di serpenti velenosi, che provocano molti morti. Ai loro lamenti, Dio risponde facendo issare un serpente di bronzo dal potere taumaturgico: chi lo guarda viene guarito dal veleno. Gesù vuol sottolineare che Lui è il serpente di bronzo che deve essere innalzato sulla croce; chi ne fa il riferimento per la sua vita viene guarito da ogni forma di male. Questo insegnamento diventa comprensibile se consideriamo le cause della sua condanna a morte.
Gesù è stato condannato per le sue opinioni pericolose circa i due capisaldi della religione ebraica: il Tempio e la Legge. Questa era costituita dalle “Dieci Parole”, cioè i Dieci comandamenti, accompagnati da una serie di pratiche che ne davano la spiegazione e ne facilitavano l’osservanza. Erano considerate intoccabili al pari della Legge.
Gesù non contesta la Legge, ma ne mostra il significato profondo, andando a cozzare contro queste tradizioni inveterate. Prendiamo le disposizione sul sabato. La Tradizione escludeva qualsiasi genere di opera, compreso l’aiuto per salvare una vita. Ora Gesù provoca i rabbini guarendo un paralitico in giorno di sabato (Matteo, 12, 9-14). Con questo vuole affermare che l’osservanza del sabato è subordinata al bene dell’uomo e quindi va regolata secondo i suoi bisogni. Questo comandamento afferma la necessità di dedicare a Dio un giorno settimanale, perchè l’uomo non abbia a dimenticarsi di Lui. Ma il ricordo di Dio è necessario perchè aiuta l’uomo ad amare il prossimo: Dio è il Padre comune che vuole la carità fraterna. L’osservanza del sabato è finalizzata all’aiuto del prossimo.
Gesù amplia il comandamento: “ama il prossimo tuo come te stesso”. Se gli Ebrei identificavano il prossimo con i connazionali, Gesù lo estende ad ogni uomo fino ad abbracciare i nemici, ugualmente amati dal Padre, che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi (Matteo, 5,43-47). Perciò Gesù rifiuta la legge del taglione “occhio per occhio, dente per dente”: vuole rompere la spirale di violenza che domina il mondo (Matteo, 5,38-42). La violenza poggia sul disprezzo dell’avversario. Gesù invece, mite e paziente, odia il peccato e ama il peccatore, richiamandolo benevolmente fino a che non si ravveda. Senza la mitezza il mondo rischia di sprofondare nella violenza a tutti i livelli; ma al livello massimo non si arriva da un giorno all’altro, la violenza si accumula e poi esplode.
Gesù giustifica questi suoi insegnamenti, umanamente assurdi, ricorrendo al suo rapporto con Dio Padre. Egli ne ha una conoscenza migliore della nostra; conosce il suo incommensurabile amore per ciascuno di noi; l’amore di Dio non è passeggero, ma eterno, non parziale, ma totalmente coinvolgente come quello dei genitori per i propri figli, anzi di più. Ora la conoscenza di questo amore non ha dato scampo a Gesù, non gli ha dato la possibilità di insegnare e vivere in maniera diversa da quella da lui scelta; lo ha portato al rifiuto della violenza verso i propri nemici, che ha perdonato, fino ad accettare una morte ingiusta e l’accusa di essere un profanatore della Legge e del Tempio. In questo modo è diventato l’immagine perfetta del Dio e la rivelazione piena del suo amore. Per questo dobbiamo guardare a Lui, come gli Ebrei al serpente di bronzo per essere guariti. Il crocifisso da un lato rivela la sublimità dell’amore di Dio Padre e dall’altro l’abisso del male della violenza radicata nel nostro cuore e quasi inestirpabile.