Lo scienziato statunitense Jeffrey Platt del Biomedical Sciences Research del Michigan ha affrontato di fronte ad una interessata platea l’argomento dei trapianti d’organo e della ricerca scientifica in tal senso.
Diritti degli animali e degli esseri umani si intrecciano e si sovrappongono immolandosi al sovraordinato interesse della ricerca scientifica…è questo il prezzo che i primati, nostri vicini parenti, debbono pagare al più evoluto homo technologicus o, meglio, homo animantium lupus. (a cura di Federico Rossi)
Quando si deve trapiantare un organo oggi siamo anche in grado di farlo con qualcosa di artificiale. Sebbene la frontiera sia avanzata e stimolante rimane pur sempre un pero’: Il battito del cuore, ad esempio, snodo focale di tanta letteratura umanistica, e rappresentazione di quel sentimento che ha riempito le pagine dei libri della nostra produzione letteraria, non c’è, ovvero, non si percepisce nei trapiantati con il cuore artificiale!
Da qui il passo verso il “dove siamo con la ricerca sugli immunosoppressori e sui rigetti” è breve. Il lavoro sugli animali, appunto, è molto avanti ma trasferirlo sugli uomini non è poi un passo banale. Bisogna contare sulla ricerca scientifica e, soprattutto, farla bene.
Maria Luisa Lavitrano, dell’Università Bicocca di Milano, gli fa eco, prendendo immediatamente spunto da una domanda della platea, ponendo l’accento sulla scarsa sensibilità della nostra nazione verso il finanziamento della ricerca: ci dice, infatti, che in Italia le statistiche danno un investimento molto scarso rispetto agli altri paesi avanzati. Riusciamo comunque, grazie alla buona volontà dei ricercatori, ad essere tra i primi produttori di nuovi lavori e di nuove idee e, quindi, a non sfigurare rispetto agli altri poli di ricerca nel mondo.
Chiude, a questo punto, con un tocco di realismo e di pragmatismo d’oltreoceano, Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto Mario Negri, riallineando il tono del dibattito verso il tema di un maggiore impegno dei ricercatori più consolidati: oggi, ci dice infatti, nel nostro paese e, specialmente nel mondo della ricerca universitaria, si lavora molto per raggiungere certe posizioni nella scala gerarchica ma, poi, giunti alla mèta, non sempre si mantiene un adeguato livello di performance. Negli USA e nel mondo “privato” la sfida verso l’adeguatezza è sempre presente. Se l’insegnamento non rientrasse più tra le priorità dell’insegnante sarebbe meglio che si lasciasse il posto ad uno più motivato.
E li un grosso applauso.