Non è così chiaro cosa stia capitando ma una cosa è certamente evidente: le famiglie bergamasche e lombarde mantengono alta la propensione ad investire e di fronte alla morsa della crisi spingono sulla leva del risparmio anche contro gli effetti dell’inflazione.
E’ questo lo scenario che emerge dalle analisi del Centro Studi Sintesi dove sono stati raffrontati i dati al dicembre 2007 con quelli di maggio scorso relativamente a risparmi delle famiglie e propensione ad investire (in termini di rapporto impieghi alle famiglie ed alle imprese su risparmi).
In punto risparmio, nel periodo considerato e nella nostra regione, solo i comuni “frontalieri” di Milano (+5,9%), Como (+2,1%), Sondrio (+5,7%) e Lecco (+8,1%), hanno visto crescere in termini reali ovvero netti dell’effetto inflativo, gli stocks di depositi (non sottovalutiamo l’effetto “scudo”). Le famiglie delle altre province, tra cui quelle orobiche (-5,8%), hanno visto erodersi le masse accumulate.
Lo scenario della penisola, se si esclude la capolista Rimini, il cui dato però risulta falsato dalla vicinanza di San Marino, vede in pole position la “terremotata” provincia dell’Aquila, che mette a segno una crescita dei depositi per famiglia del 19,3%. In termini assoluti questo incremento rappresenta un “tesoro” di circa 676 milioni di Euro, molto probabilmente al servizio della ricostruzione.
A fronte di questa indiscutibile contrazione, si assiste, pero’, ad una lieve ripresa della propensione ad investire: in Italia il rapporto medio tra prestiti e depositi passa da172,5 a184,9, quasi a significare la voglia di non cedere alla crisi e la sensazione degli imprenditori che anche in uno scenario di mercato più complesso possano sempre emergere nuove aree di investimento. Anche i bergamaschi hanno percepito questo e per loro la propensione ad investire è passata a quasi 4 volte i depositi della provincia (13^ posizione nazionale). In Lombardia siamo a 2,4 volte mentre, come detto, l’Italia si attesta a 1,85 volte.
Come si vede il quadro, appare si complesso, ma nella sostanza abbastanza prevedibile. Ora ci resta solo da chiederci cosa ci riserverà il futuro e se questa timida ripresa della “voglia” di rischio possa davvero concretizzarsi in investimenti fruttiferi per le generazioni emergenti.
Noi giovani, speriamo di si e da queste pagine, chiediamo alla generazione che ha sinora preparato il nostro futuro di far tesoro degli errori commessi e di ricominciare a pensare come dare impulso alla nostra economia. Che la crisi non possa diventare un fattore di successo per un nuovo rinascimento italiano.